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“È una bella notizia il ritorno delle prove scritte alla maturità. Lo speravo molto, altrimenti si gioca al ribasso. E il Covid diventa una scusa per rendere ancora più semplice, facile e quasi scontato l’esito dell’esame, che già era molto svalutato”.

 

 

 

Lo dice Giuseppe Savagnone, responsabile del sito della Pastorale della cultura dell’arcidiocesi di Palermo, www.tuttavia.eu, per oltre quarant’anni insegnante di liceo, ora in pensione, commentando la notizia che agli Esami di Stato 2022 del primo e del secondo ciclo ci saranno gli scritti, in presenza.

“L’esame rimane, per quanto molto indebolito - osserva il docente in pensione -, un rito di passaggio importante. Durante la vita ci sono dei riti di passaggio, che la nostra società tende ad abolire perché confonde le stagioni della vita: non ci sono più l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza e neanche la maturità. I bambini sono troppo grandi e gli adulti restano bambini. L’esame di maturità forse è l’ultimo rito di passaggio rimasto. Io credo che valga la pena di valorizzarlo sia per motivi esistenziali sia per motivi strettamente culturali, perché il livello culturale degli ultimi esami svolti solo oralmente è stato molto basso”. Il professore in pensione aggiunge: “Vedo che hanno abolito la terza prova scritta: questa è una concessione al momento di emergenza che si sta vivendo. Un minimo di difficoltà in meno è lecito che ci sia di fronte alle difficoltà oggettive di tutto l’anno scolastico”.

Rispetto all’immediata protesta degli studenti per il ritorno degli scritti, Savagnone non si meraviglia: “Volevano abolire le prove scritte, perché volevano un esame più facile. Da che mondo è mondo è l’aspirazione degli studenti”. Ma, avverte l’esperto, “condivido in pieno il ritorno allo scritto. Negli altri Paesi si fanno moltissimi scritti anche all’Università, a noi prevalgono gli orali, ma è sbagliato perché lo scritto è indispensabile e si vede quando i ragazzi escono da scuola e non sanno scrivere”.

 

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