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Dopo le sacre reliquie di Sant’Antonio di Padova che qualche tempo fa hanno suscitato momenti di grande emozione, riflessione e preghiera nel cuore della comunità parrocchiale di Monteroni, ora un altro importante reliquiario sta per raggiungerla.

 

 

 

Dal 1° al 3 aprile prossimi, infatti, la parrocchia Maria SS. Assunta di Monteroni di Lecce ospiterà la sacra reliquia di Rosario Angelo Livatino, magistrato martire beatificato il 9 maggio 2021. “Un cristiano e un uomo credibile” così lo ha giustamente definito il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione Cause dei Santi, durante la cerimonia che lo ha elevato agli onori degli altari.

Come la Chiesa agrigentina anche quella monteronese avrà la gioia di contemplare e di pregare davanti a quella camicia azzurra sporca di sangue, bucata dai proiettili di quei sicari mafiosi, posta in una teca d’argento che lascia ben intravedere l’offerta di vita del giovane magistrato ucciso in odium fidei e per la giustizia.

Rosario Livatino, era un ragazzo di soli 38 anni e già 12 di servizio in magistratura, di grande umanità, dedito alla normalità del bene e che aveva fatto voto di camminare sempre “sotto lo sguardo di Dio”, assassinato mentre, solo, senza scorta, in quanto rifiutava l’idea che altri perdessero la vita a causa sua, la mattina del 21 settembre del 1990 si recava in tribunale. Trucidato da killer stiddari (appartenenti a un particolare clan criminale siciliano) che lo rincorsero mentre tentava di fuggire lungo un’impervia scarpata, sotto il viadotto Gasena della statale che percorreva ogni giorno per andare dalla sua Canicattì al palazzo di giustizia di Agrigento a bordo della sua Fiesta amaranto, e non ebbero pietà di lui.

“Picciotti, che vi ho fatto?”, queste le sue ultime parole prima di cadere a terra. Una sorte messa in conto da tempo quale prezzo da pagare per la vita che aveva scelto. “Il segreto della santità è rimanere nell’amore di Cristo, ed è una situazione che si fa drammaticamente evidente nei momenti di crisi, nei momenti in cui essere cristiani non è più qualcosa di scontato ma diventa, cosa alquanto scomoda, schernita, rischiosa, pericolosa”, come ha sottolineato il cardinale Marcello Semeraro.

Sub tutela Dei” questo il motto ricorrente nella vita del “piccolo magistrato” che spesso soleva annotare nei suoi scritti, a volte imprimendoci il segno della croce. E pertanto coloro che si pongono volontariamente sotto la divina protezione, come dicono le Scritture, sono detti giusti e in quanto tali si collocano sotto la croce per potersi saziare dei frutti dell’albero della vita. Ed è in virtù di ciò che il Beato Livatino è morto perdonando, come Gesù, i suoi carnefici.

“Siamo lieti che anche nella nostra parrocchia matrice”, ha asserito l’arciprete don Giuseppe Spedicato, “potrà materializzarsi un segno tangibile dell’estremo sacrificio di questo Beato, così da sentire anche noi l’eco del lamento di Dio e il pianto del giusto, in pieno periodo quaresimale, attraverso la forte testimonianza di un autentico martire della fede che ci proietta tutti al grido di sofferenza del Crocifisso stesso, quale invito sofferto a riflettere sulle proprie azioni, a ripensare la propria vita e a convertirsi”.

Ma certamente risuonerà anche il grido pronunciato a meno di tre anni da questo omicidio da San Giovanni Paolo II, proprio il 9 maggio, al termine dell’omelia della messa nella Valle dei Templi in Sicilia. “Non uccidere! Non può uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!”, scandì in piedi il Papa polacco, con veemenza, stringendo una mano e poi alzando il dito al cielo, e nel nome di Cristo urlò ai responsabili “che portano sulle loro coscienze tante vittime umane”: “Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”.

Benevenga dunque questa peregrinatio della sacra reliquia del Beato Rosario Angelo che come Gesù ha offerto la sua vita, valido monito che interpella la coscienza di ogni cristiano mettendolo di fronte alla grave responsabilità della comunità, ecclesiale e civile insieme, nel farsi carico di ogni forma di ingiustizia e promuovere la cultura della legalità a partire dalla prima e fondamentale cellula della vita comunitaria che è la famiglia.

 

Forum Famiglie Puglia