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Sono giorni di fede e devozione per la comunità di Monteroni in festa per onorare il compatrono e per fare memoria del prodigioso evento del 1867: il miracolo - dopo che i sacerdoti del tempo portarono in processione l'antico sumulacro - della scomparsa del colera che funestava la popolazione.

Ieri sera l'affollata processione per le vie della città presieduta dall'arciprete don Giuseppe Spedicato e con la partecipazione dei sacerdoti che svolgono il loro servizio nelle parrocchie del paese, le confraternite, le associazioni e le autorità civili e militari.

Al rientro, il canto dell'Inno al Crocifisso e il messaggio da parte di don Giuseppe che qui riportiamo per ampi stralci.

“Comprendere il valore storico e cosmico del Crocifisso – ha detto l'arciprete - non può limitarsi ad una radizione familiare o cittadina” - perché - “La croce è il fondamento della nostra speranza perchè sul patibolo della croce c’è Gesù Crocifisso, figlio di Dio, risorto da morte”.

“Ma noi adulti – si è domandato - rendiamo testimonianza del Crocifisso come fonte di speranza nella nostra vita di ogni giorno ? Se non lo facciamo come possiamo pretendere che i giovani crescano con una visione positiva della vita?

Gesù crocefisso e risorto è per ciascuno di noi, l’unica speranza della nostra vita? Oppure è un simbolo che sentiamo lontano, circondato magari per un giorno da una certa devozione, ma che non incide profondamente nella nostra vita?”.

“Cristo crocifisso e risorto - ha sottolineato - deve ispirare ogni giorno la nostra esistenza di cristiani, che siamo stati coinvolti attraverso il battesimo, nel mistero della morte del Signore e siamo risorti per sempre della sua resurrezione.

Un modo semplice per fare memoria di Gesù Crocifisso è quello di fare spesso il segno della croce, che il celebrante e i genitori tracciano sul ogni bambino prima del battesimo e che ci deve accompagnare in ogni momento della nostra vita. Tutta la vita cristiana è racchiusa nel segno di croce: ha inizio con il segno di croce del Battesimo e termina sulla terra con il segno di croce della sepoltura. Il segno della croce è una professione dei misteri principali della nostra fede, è fare memoria del nostro battesimo, è un segno che si è discepoli di Cristo, disposti a portare la nostra croce dietro di lui.

“Fare il segno della croce - ha insistito don Giuseppe - quando ci svegliamo, prima dei pasti, davanti a un pericolo, a difesa contro il male, la sera prima di dormire, significa dire a noi stessi e agli altri a chi apparteniamo, chi vogliamo essere. I nostri bambini sanno farsi il segno della croce bene? E voi, papà, mamme nonni, nonne, padrini, madrine, dovete insegnare a fare bene il segno della croce. Insegnare ai bambini a fare bene il segno della croce. Se lo imparano da bambini lo faranno bene dopo, da grandi. Quando facciamo il segno della croce lo facciamo bene? Siamo consapevoli di quello che facciamo e diciamo?”.

E infine, il riferimento anche ad alcune polemiche di questi giorni: “Il Crocifisso non può essere strappato, prima che dalle mura delle nostre scuole o degli edifici pubblici, dal nostro cuore, dalla nostra mente, dalle nostre spalle. Fissando il Crocifisso e pensando alle nostre croci, ai nostri peccati oggi dobbiamo invocare da Cristo Crocifisso la grazia della conversione, del pentimento dei nostri peccati, del proposito di vivere una vita nuova. Essere devoti del Crocifisso è essere devoti dell’amore a tutti i costi , un amore che sorprende per la sua generosa radicalità”.

Ultimo atto della festa di quest'anno, domani la messa di ringraziamento presieduta da don Giuseppe.

 

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