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Nella tradizione popolare questo giorno assume una dimensione di profonda tristezza, quasi di lutto; è giorno di digiuno e di astinenza, ma la liturgia, pur nella sua emotività, esprime una serena e maestosa solennità.

 

 

Beata e gloriosa passione

I paramenti sono di colore rosso come nel giorno in cui si commemora l’ingresso regale di Gesù a Gerusalemme, l’ingresso trionfale dei martiri nella Gerusalemme del cielo, la Pentecoste, quando si celebra il trionfo del Risorto che invia lo Spirito alla sua Chiesa, quale massimo frutto della Pasqua.

Nel venerdì santo la Chiesa non fa un funerale, ma celebra la passione e morte vittoriosa del Signore. Per questo motivo si parla di “beata” e “gloriosa” passione. Questo è un giorno cosiddetto “a-liturgico”, nel quale cioè non c’è la celebrazione della santa Messa, in quanto la Chiesa commemora il giorno della morte storica di Cristo. Al centro della liturgia del venerdì santo c’è la proclamazione della Parola di Dio! La sobrietà dei riti introduttivi, infatti, mira a porsi subito in atteggiamento di ascolto e di accoglienza della Parola di Dio. La liturgia del venerdì santo è costituita da tre momenti.

 

La liturgia della Parola

Essa propone tre temi importanti dal contenuto molto profondo e significativo:

  1. il Servo sofferente;
  2. Gesù è il vero Sacerdote;
  3. il racconto della passione.

Sia pur in maniera concentrata, è bene che non manchi una breve omelia affinché sia recepito il contenuto globale delle letture e il senso di tutta la celebrazione. La liturgia della Parola si conclude con le “Orazioni solenni”, quella forma di preghiera universale, che risale al V secolo, per tutte le necessità della Chiesa e dell’umanità. L’ampiezza delle intenzioni evidenzia il carattere universale della redenzione operata da Cristo con la sua morte in croce.

 

L’adorazione della Croce

Al posto della liturgia eucaristica, la liturgia prevede l’adorazione della Croce. In questo giorno quello che era ignominia e scandalo per i pagani, la croce, diventa oggetto di adorazione, perché è diventato il segno e lo strumento della nostra salvezza. L’inno alla croce, che viene cantato durante l’adorazione, mette in risalto l’opposizione tra l’albero dell’Eden, da cui proviene la nostra rovina, e l’albero del Calvario, da cui derivò la nostra salvezza. Per evitare il rischio che il venerdì santo venga considerato solo ed esclusivamente come giorno della morte, senza riferimento alla risurrezione, la liturgia propone, oltre al modo semplice, un’altra modalità di effettuare l’adorazione. Ovvero la processione solenne della croce dalla porta della Chiesa all’altare con tre tappe durante le quali si svela la croce, che richiama la processione del cero pasquale nella veglia. Ciò si presta a sottolineare il legame tra la morte e la risurrezione del Signore e contribuisce ad evidenziare l’unità del triduo e del mistero pasquale in esso celebrato. L’antifona, infatti, canta: “Adoriamo la tua croce, Signore, lodiamo e glorifichiamo la tua santa risurrezione”…

 

I riti di comunione

Il terzo momento della liturgia del venerdì santo è costituita dai riti di comunione. Con l’ultima riforma della Settimana Santa, la Chiesa ha ridato la possibilità a tutti i fedeli di comunicare all’Eucaristia in questo giorno solenne. Mangiare il corpo del Signore, anche se consacrato il giorno precedente, significa partecipare al sacrificio redentore, attraverso il segno che Egli stesso ci ha lasciato come memoriale della sua pasqua. In tal senso, il mistero della croce non rimane soltanto davanti ai nostri occhi per essere contemplato, ma penetra nella nostra esistenza, perché ne siamo rinnovati: così prega la Chiesa nella preghiera conclusiva. Anche in questo giorno la liturgia non prevede un congedo ma solo una preghiera sul popolo radunato, dal momento che si è in permanente stato di convocazione.

 

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