Ippazio Antonio Bortone (Ruffano 1844 - Lecce 1938) fu molto precoce e furono le sue notevoli capacità ad impedire che seguisse le orme del padre, che era fabbro.
La tradizione artigianale con cui venne in contatto fin da bambino gli inculcò il rispetto per la manualità ed il bisogno di conoscere i vari materiali.
I primi insegnamenti li ricevette a Lecce da Antonio Maccagnani, celebre cartapestaio, apprezzato localmente per aver saputo dare dignità artistica ad un settore produttivo prettamente artigianale.
A Napoli il Bortone approdò a circa diciassette anni e frequentò il corso dello scultore Tito Angelini. Il suo insegnamento fu indubbiamente proficuo per il giovane ruffanese sia sotto il profilo tecnico che educativo.
Nel 1866 si trasferì a Firenze con una lettera di presentazione all’ormai celebre Giovanni Duprè, ritenuto uno dei maggiori scultori italiani, e vi rimase fino al 1905.
Dal 1910 risiedette a Lecce, di cui divenne cittadino onorario e dove continuò a lavorare fino alla morte, avvenuta a 94 anni.
Tra le sue opere più famose: il monumento a Fanfulla realizzato nel 1876 e collocata nella Piazza Raimondello Orsini in Lecce, il monumento a Quintino Sella a Biella, il monumento bronzeo ad Agostino Depretis a Stradella datato 1894, il Michele di Lando per la Loggia del Mercato Nuovo a Firenze nel 1895, il monumento a Francesca Capece a Maglie nel 1899, il monumento sepolcrale ad Alessandro De Donno nel cimitero di Lecce, il monumento a Sigismondo Castromediano ed il monumento ai Martiri di Otranto.
Suoi anche il busto a Vittorio Emanuele II nel Senato ed uno dei bassorilievi con Genio alato del Vittoriano in Roma.
Lo scultore per tutto il resto della sua vita non modificò gli orientamenti adottati negli anni della sua formazione. In realtà da quanto si è visto si può dire che non fece delle vere e proprie scelte di campo, ma che con atteggiamento eclettico accolse vari stili.