Il 7 settembre scorso il Nunzio Apostolico in Italia Emil Paul Tscherrig ha imposto il pallio di arcivescovo metropolita a mons. Michele Seccia
Non è stato un gesto dal valore unicamente giuridico. Lo si comprende in pienezza all’interno delle relazioni che scaturiscono dalla comunione spirituale ed ecclesiale, resa visibile nella persona e nell’azione del Vescovo.
La comunità cristiana, infatti, ha come fondamento essenziale e primario l’azione di Dio che costituisce la Chiesa, istituzione e, nel profondo di ogni battezzato,vita d’amore vivificata dallo Spirito Santo.
In tale contesto, i battezzati considerano il Vescovo riferimento visibile che rappresenta e promuove la comunione dei fedeli ed il Metropolita esprime la tensione unitaria della carità protess ad incrementare il camminare insieme tra più Chiese diocesane.
Fu Giovanni Paolo II, con Bolla papale datata 20 ottobre 1980, a istituire la Metropolia di Lecce stabilendo: “Con la Nostra autorità apostolica abbiamo deciso e ordiniamo quanto segue. Eleviamo la Chiesa Cattedrale di Lecce al grado di Chiesa Metropolitana, con tutti i diritti e i privilegi propri delle altre Chiese metropolitane e la nuova provincia denominata con il nome di Lecce”.
Per i credenti, si tratta di guardare all’attività del metropolita unitamente all’opera di Dio, che raccoglie, associa ed unisce nella fede e nella vita quotidiana. Oltre le distinzioni e le aggregazioni dei luoghi. Il metropolita è chiamato ad essere segno dello Spirito che con la collegialità episcopale impegna ad una comunione ultradiocesana sempre maggiore e realizza in modo sempre più intenso l’unità con la Chiesa di Roma.
“La Conferenza Episcopale Pugliese, desiderando provvedere meglio al bene spirituale dei fedeli della regione, conformemente al n. 40 del decreto del Concilio Ecumenico Vaticano II sull’ufficio pastorale dei Vescovi, ha domandato alla Sede Apostolica che la chiesa cattedrale di Lecce, ora immediatamente soggetta alla stessa Santa Sede, sia elevata al grado e alla dignità di sede metropolitana e venga costituita la provincia con il nome della città di Lecce”, contestualizzava e precisava ulteriormente l’importante documento pontificio, sigillato secondo prassi in piombo, legato a fili bianchi e rossi e sottoscritto pure dal cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli e dal Prefetto della Congregazione dei vescovi cardinale Sebastiano Baggio.
“Saldo sempre nella fede, di forte tradizione cristiana nella famiglia e nel costume, il Salento potrà con maggior chiarezza vivere il suo ruolo cristiano e la sua religiosità: motivi non certo trascurabili per tutta la questione meridionale”, scrisse per l’occasione su L’Ora del Salento l’allora vicario generale leccese mons. Ugo de Blasi in un messaggio indirizzato agli altri vicari diocesani, sottolineando che si trattava di una “presidenza di servizio”, perché procedendo insieme, “viribus unitis sarà meno difficile per i responsabili collocarsi dinanzi agli antichi e nuovi problemi nello sforzo quotidiano di risolverli”.
La Bolla pontificia fu poi resa esecutiva il tre dicembre 1980 nell’episcopio leccese dal Presidente della Conferenza Episcopale Pugliese mons. Guglielmo Motolese.
Con il nuovo arcivescovo metropolita mons. Francesco Minerva, erano presenti, con i rispettivi vicari generali, gli arcivescovi di Otranto mons. Riezzo e di Brindisi mons. Todisco ed i vescovi di Gallipoli mons. Quaremba, di Nardò mons. Mennonna e di Ugento mons. Mincuzzi.
L’imposizione del pallio, pertanto, non è stato solo un provvedimento canonico: occorre considerarlo segno della volontà di costruire rapporti sempre più comunionali tra i singoli battezzati e le comunità.
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