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L’invito dell’arcivescovo mons. Michele Seccia, rivolto ai giornalisti e agli operatori della comunicazione in occasione della loro annuale festa, è si è incentrato particolarmente sul “saper ascoltare, ricercare e conoscere a fondo la realtà, e solo allora mettere al servizio degli altri la propria vita in un’attività che deve raccontare verità, solidarietà, annuncio di speranza”.

Agli operatori della comunicazione sociale è chiesto, quindi, di maturare una forte identità, contrastando metodi di trasmissione di notizie, e quindi di giornalismo, integrati in un sistema omologazione: “Non è un paradosso ma si tratta di capire in che modo la mia vita è incentrata sulla Verità”, sostiene ancora il presule, invitandoli a costruirsi una forte e autentica identità personale: “Ci hanno insegnato, quando eravamo giovani, la differenza tra la Verità e la veracità: la Verità è la verità oggettiva che si verifica, si vede, scaturisce dalla verità della persona".

Un contesto in cui nasce la verità dell’informazione, precisa ancora il presule leccese.

Così la comunicazione può promuove la solidarietà, utilizzando la Rete come ambiente in cui si tende al Vero realizzato insieme, per cui già nel Messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2014 Papa Francesco sollecitava a fare di Internet “un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone”.

Condizione perché la trasmissione dei fatti diventi “annuncio di speranza” negli attuali, nuovi ambienti comunicativi.

Risulta, pertanto, sempre più evidente che è necessario un giornalismo di qualità, capace di fornire notizie raccontate rapidamente nei loro contenuti, ma poi approfondite, spiegate, inquadrate nel contesto culturale, economico e politico, valutate con competenza e rapportate ai valori profondi. Magari arricchite dalla fede.

 

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