Una volta c’era l’educazione civica. Ma di cosa parliamo esattamente quando parliamo di cittadinanza? di uno stato ? di reddito? di un diritto? La risposta non è semplice, perché di cittadinanza tutti si riempiono la bocca da tempo.
Dare cittadinanza è certamente un gesto nobile: significa riconoscere il valore di una persona, inserirla in un progetto, farlo uscire dall'anonimato. Era questo il proposito bello della campagna sullo "ius soli" e sullo "ius culturae che prevedeva il riconoscimento della cittadinanza ai figli di stranieri che fossero nati nel nostro paese e che qui avessero seguito un periodo di studi.
Come si sa, il progetto è naufragato nella scorsa legislatura, complice anche un mutato clima sociale, subito cavalcato dai nuovi leader politici. Oggi la cittadinanza è un complemento di specificazione dopo la parola reddito, con lo scopo complicato di fare uscire dalla povertà milioni di persone. In ogni caso la parola resta al centro anche di questi tempi e magari sventolata come vessillo da abolire, per chi non fa il proprio dovere. È senza dubbio la cittadinanza a fare i cittadini, non il contrario.
C'è un'iniziativa che nel silenzio generale, in questi mesi, grazie a un gruppo di sindaci, parte proprio dal bisogno di cittadinanza: è il frutto di una petizione popolare che nelle nostre città ha portato la raccolta di 75mila firme in calce a una proposta di legge che punta introdurre l'educazione alla cittadinanza sui banchi di scuola. È da qui che dobbiamo ripartire.
Ai più giovani tra i cittadini è necessario parlare di educazione civica, di educazione ambientale, legalità, costituzione, diritto italiano e diritto europeo. La mobilitazione è avvenuta soprattutto nelle grandi città dove più si avverte il bisogno di tornare ai fondamenti di comunità, rilanciati dal presidente Mattarella in occasione del suo discorso all'Italia a Capodanno. Un discorso che ha fatto luce sui tanti eroi del quotidiano che ormai sono divenuti una cifra distintiva del suo mandato.
Sarebbe bello se oggi, nelle aule dei mille borghi d'Italia, si preparassero, crescessero uomini e donne capaci di costruire con saggezza il domani. È come se ci fosse un pezzo della società civile italiana che non ci sta, a chiudersi nei recinti della paura, un po' autoreferenziale, un po' creata ad arte, che vuole provare a ritessere, fin d'ora alcuni legami sociali spezzati.
Cosa vuol dire essere cittadino di una comunità? Quale onore e quali oneri comporta? Come partecipare a pieno titolo? L'idea di far iniziare un percorso ai bambini fin dalle primarie e dalle medie, può essere un primo passo nella direzione di uno stile di corresponsabilità nuovo. Dove ci si esercita a farlo nei confronti della propria famiglia, della propria classe, del proprio oratorio, del proprio quartiere.
“I care" diceva don Lorenzo Milani. Mi prendo cura, mi faccio carico, tengo a cuore qualcosa di importante, educarsi è imparare anche a studiare le basi della nostra convivenza civile per essere protagonisti nella vita del proprio Paese, della propria città. Il 2019 potrebbe rivelarsi un tempo propizio.