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 Un commento senza numeri. Non servono perché sono noti e soprattutto non danno la risposta alla schizofrenia del voto leccese. Stesso giorno, stessa ora, sentimenti opposti. Quale spiegazione?

Andiamo per ordine: domenica notte il responso dello spoglio del voto europeo indica senza alcun dubbio che Lecce, sia pur con qualche incertezza rispetto ai tempi che furono, si conferma città di destra racimolando tra liste e listarelle di riferimento quasi il 50% delle preferenze. Partito democratico a parte - che pareggia più o meno i conti con la Lega restando il secondo partito della città - la sinistra è pressoché impalpabile.

Ventiquattr’ore dopo quadro ribaltato. Vola Salvemini, sprofonda Congedo, solo la Poli regge ma non basta. Un terremoto impossibile da prevedere. Non solo alla luce dello spoglio del giorno prima ma soprattutto perché chi conosce Lecce non avrebbe che pronosticato il ballottaggio. O al massimo, la vittoria risicata del centrodestra al primo turno.

E invece… In tanti in queste ore stanno provando a dare una lettura del risultato. Perché non provarci pure noi?

Parto dal messaggio che ieri sera ho inviato a Carlo Salvemini per complimentarmi per la straordinaria rielezione. Gli ho scritto “Buona continuazione”. E non solo perché dopo una pausa forzata di quattro mesi ora torna a Palazzo Carafa per riprendere il lavoro interrotto. Ma soprattutto perché il “moto perenne” non si è mai fermato. Quale moto? Quello del civismo di matrice “Dellinocese” che da oltre due anni ha scombinato regole e strategie ormai scolorite, contagiando anche il metodo delle liste dei partiti di sinistra e di centro: gran parte degli elettori, ormai, non fa più differenza tra sigle storiche e slogan di nuova generazione. Il 20% che le urne hanno attribuito alle civiche di sinistra è solo un dato numerico che tradisce il senso vero di un movimento continuo.

Le civiche - un tempo riconosciute e percepite solo come “liste civetta”, collegate comunque ai partiti politici e che duravano il tempo di una campagna elettorale o al più strumentali alla formazione dei gruppi consiliari - Delli Noci e i suoi le hanno trasformate in comunità politica. Che brilla di luce propria, che cammina sulle sue gambe, che, superando steccati consunti, declina il “sincretismo politico-ideologico” come risorsa, con tanto di organizzazione interna, con tanto di momenti veri di partecipazione e di formazione. Mai nel mezzo della campagna elettorale ovviamente - in questi mesi si sono occupati soprattutto di organizzazione e di propaganda - ma già all’indomani del ballottaggio del 2017 e mentre Salvemini amministrava.

È qui il segreto della vittoria di Salvemini: il civismo assunto a sistema nel quale destra, sinistra e centro sono idee consumate dal tempo e hanno lasciato il posto ad un impegno libero, giovane e anche competente. Quasi sbarazzino. Quanti professionisti freschi e preparati ai tavoli di progettazione della città del futuro.

Spregiudicato nell’approfittare dell’incapacità altrui di saper leggere i tempi e di comprendere - come ha scritto stamattina Mauro Ragosta sul suo blog - che la città è cambiata e non tollera più una destra schiava “di un pragmatismo insopportabile, con un rampantismo oramai sbiadito, insomma fuori moda”. Adesso è diventata “una città vocata alla cultura, alla poesia, al turismo, e che per questo richiede nuove sensibilità, un modus operandi più aggraziato, oltre che un approccio politicamente nuovo”. Una città con la bellezza nel dna non poteva desiderare altro che la rivoluzione del cambiamento sobrio, elegante, educato.

Il civismo leccese è un fiore all’occhiello della politica nostrana. Che non può né deve essere disperso, anzi dovrebbe fare da apripista ad un rinnovamento integrale dal basso. Delli Noci ora deve giocare di testa. I boatos che lo danno già candidato alle regionali 2020 a gonfiare le fila di Emiliano non fanno bene alla sua leaderiship e soprattutto al progetto civico che si è inventato da bravo ingegnere: fossero veritiere le malelingue, il “moto perpetuo” sarà stato solo uno strumento elettorale nelle mani del Governatore uscente.

Troppo intelligente per cadere nel tranello. Se ha davvero intenzione fra un anno di lasciare Palazzo Carafa per giocarsi la partita per Bari ha qualche mese di tempo (pochi a dire il vero) per non seguire le orme dei “padrini” e per rinforzare sul territorio provinciale ed extra provinciale il suo movimento civico da esportare alla Regione come modello di buona politica.

Per intanto a Salvemini, a Delli Noci e al nuovo gruppo dirigente un solo augurio: buona continuazione.

 

 

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