La funzione educativa della comunicazione, il ruolo di responsabilità del giornalista a servizio del bene comune, e la necessità di garantire la pluralità dell’informazione attraverso il sostegno ai giornali in difficoltà: sono questi i temi che hanno caratterizzato stamane l’annuale festa dei giornalisti dell’arcidiocesi di Lecce e del Salento, in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono degli operatori della comunicazione sociale.
L’incontro, tenutosi a Merine, nella nuova chiesa parrocchiale dedicata a san Giovanni Paolo II, è stato aperto dai saluti della vicepresidente regionale dell’Ordine dei giornalisti, Serena Fasiello, che ha proposto ad una sala gremita un interessante parallelo tra il buon giornalista e il cristiano, entrambi mossi da lealtà, correttezza, rispetto della Verità. “Un Cristiano che sceglie di essere giornalista - afferma la Fasiello - porta dentro di sé un valore doppio, perché, oltre che vivere i valori cristiani, si fa testimone e megafono di questi stessi valori nella comunità. Essere giornalisti oggi non è semplice, è una vocazione. San Francesco di Sales diceva che non esiste vocazione senza le noie, le difficoltà. Il giornalista deve vigilare su se stesso, essere libero e non avere timore di dire la verità. Senza verità non può esserci nessun giornalismo, anzi non può esserci nessun buon giornalismo”.
Dopo questo l’intervento, la parola è passata ad Elio Donno, decano dei giornalisti salentini, che ha proposto una riflessione sul tema del Messaggio di Papa Francesco per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali che si celebrerà il 2 giugno “Dalla community alla comunità”. Tanti i temi toccati: dalla difesa della libertà di pensiero, prima regola della democrazia, passando per i problemi legati alla rete, strumento spesso troppo poco sorvegliato, fino al ruolo di responsabilità dei giornalisti, che debbono essere in grado di garantire la Verità attraverso il rispetto della Deontologia per farsi fedeli mediatori tra i fatto e l’opinione pubblica. L’intervento si è concluso con un invito, quasi un appello - citando le parole di Papa Francesco alla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2018 - “a promuovere un giornalismo di pace, non intendendo con questa espressione un giornalismo ‘buonista’, che neghi l’esistenza di problemi reali e gravi (...) ma un giornalismo senza infingimenti, ostile alla falsità, a slogan ad effetto, e a dichiarazioni roboanti. Un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce; un giornalismo che non bruci le notizie, ma che si impegni nella ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di processi virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale”.
La chiosa finale non poteva che essere affidata a mons. Michele Seccia, arcivescovo metropolita della Diocesi di Lecce, che ha proposto una rilettura delle beatitudini del politico, che Papa Francesco ha citato – erano state scritte dal cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002 dopo vent’anni di carcere in Vietnam - durante la 52ma Giornata mondiale della pace il 1° di gennaio scorso. Secondo mons. Seccia quelle stesse beatitudini possono essere utilizzate anche per i giornalisti: “Beato il giornalista che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo; beato il giornalista la cui persona rispecchia la credibilità; beato il giornalista che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse; beato il giornalista che si mantiene fedelmente coerente; beato il giornalista che realizza l’unità; beato il giornalista che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale; beato il giornalista che sa ascoltare; beato il giornalista che non ha paura”.
L’invito dell’Arcivescovo, rivolto a tutti ed in particolare, in questa occasione, ai giornalisti e agli operatori della comunicazione, è dunque quello di “saper ascoltare, ricercare e conoscere a fondo la realtà, e solo allora mettere al servizio degli altri la propria vita, che deve diventare verità, solidarietà, annuncio di speranza. Solo in questo modo il Verbo diventa carne, e la carne Verbo”.
Al termine del Suo discorso, l’arcivescovo ha poi rivolto un pensiero ai giornali in difficoltà, con un riferimento particolare a La Gazzetta del Mezzogiorno, da mesi, ed in particolare nelle ultime settimane, alle prese con gravi difficoltà finanziarie e di gestione. Davanti a Gianfranco Lattante, a capo delle sede leccese della Gazzetta, l’arcivescovo ha scritto, firmato e letto un pensiero di speranza per le sorti di uno dei più importanti e longevi quotidiani dell'Italia meridionale: “Perché la nostra Gazzetta del Mezzogiorno continui a svolgere la sua nobile funzione di informare la nostra Comunità, come ha fatto per oltre 131 anni. Che non manchi l’impegno di chi può e deve promuovere questa voce della comunità”
La giornata si è conclusa con una celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo e da un momento conviviale aperto a tutti gli operatori della comunicazione intervenuti e alle loro famiglie.