Se tanti furono gli ordini maschili, non minori furono gli ordini femminili vissuti a Lecce. Il Monastero di Santa Chiara, unitamente alla chiesa di Santa Chiara, nell’omonima piazzetta, è fondato nel 1410 per iniziative di alcune famiglie della nobiltà cittadina in stretta intesa con il convento francescano locale.
A inizio Cinquecento in Santa Chiara ci sono 24 professe Clarisse e un numero imprecisato di converse; a fine secolo la comunità aumenta fino a raggiungere il numero complessivo di 60. Sia per la provenienza sociale delle monache, sia per il generoso sostegno dalla carità cittadina, il monastero ha rendite cospicue che consentono, nel tempo, di edificare, mantenere e abbellire la chiesa oltre a sopperire alla manutenzione ordinaria e straordinaria dell'immobile. La vita nel monastero s'interrompe nel periodo postunitario quando i beni sono confiscati e le monache sono trasferite nel monastero delle Benedettine.
Nella chiesetta di Santa Maria di Loreto, nei pressi del Monastero delle Benedettine, vi erano le Cappuccinelle, fondate da Maria Lorenza Longo nel XVI secolo, e instauratesi a Lecce nel XVII secolo, a partire dl 1639.
Presso la chiesa di Santa Maria della Provvidenza, nel loro convento, andato distrutto, vivevano a Lecce le Suore Alcantarine, che si occupavano dei più poveri, seguendo l’ispirazione francescana.
Nel 1451, la gentildonna Audisia de Pactis vedova di un cadetto della famiglia feudale dei Maramonte, a cui, proprio perché vedova, era preclusa la possibilità di monacarsi, costituisce nella sua dimora una comunità di laiche sotto la Regola del terz'ordine francescano. Le devote terziarie francescane osservavano l'obbligo dell'obbedienza e della castità ma non quello della clausura. Alla morte di Audisia de Pactis, nel 1474, la comunità raccolta nell'hospitium della fondatrice, che includeva una cappella intitolata a San Matteo e il relativo oratorio, conta 11 donne. Un secolo e mezzo dopo (1628), per decisione delle autorità religiose superiori, alle aderenti è imposto l'obbligo di professare anche il voto di clausura. A quest'epoca la comunità conta circa 60 donne «frà le quali sono molte e di nascimento di sangue e di bontà di vita singolarissime». Il convento è soppresso in età napoleonica (1812). Le monache sono spostate nel Monastero delle Benedettine mentre i locali, consegnati alla città, vengono adibiti a scuola elementare pubblica.
Il Conservatorio San Sebastiano, annesso alla preesistente chiesa dedicata allo stesso santo, è fondato nel XVI secolo per dare ricovero, sotto la guida delle monache dell'ordine francescano delle Cappuccine, alle «pentite» ossia ex prostitute ravvedute. A metà Seicento il conservatorio conta 103 presenze, 20 delle quali sono monache. All'inizio del Settecento (1712) la tipologia delle ospiti si allarga perché si accolgono oltre alle «pentite», le «pericolanti» e le «pericolate», ovvero orfane povere il cui stato di indigenza rischiava di indurle a prostituirsi e giovani donne senza mezzi che erano state sedotte e abbandonate. La vita del Conservatorio nel corso dell'Ottocento declina al punto da snaturarsi, anche perché in epoca postunitaria una parte del patrimonio è confiscata. A fine secolo del Conservatorio «non resta se non un locale insalubre e crollante, dove si trovano ammucchiate ben ottanta povere inabili, senza aiuti, che stentano la vita mendicando». I tentativi di trasformazione non vanno a buon fine, fino a che non si giunge all'alienazione dell'immobile.
Nell’attuale Piazzetta Mariotto Corso, il nobile Belisario Paladini con testamento rogato il 3 dicembre 1629, vincola il suo patrimonio alla fondazione, in uno stabile di sua proprietà, di un monastero per le «vergini» appartenenti ad alcune famiglie del patriziato locale nominativamente elencate. La comunità presto formata sceglie di porsi sotto la Regola di Santa Teresa e dà avvio alla costruzione della chiesa. Il monastero delle Teresiane Scalze si mantiene in vita per più di secolo e mezzo ma a fine Settecento è in netto declino. Nel 1791 è abitato da due sole monache teresiane scalze (zia e nipote di Casa Tafuro) che, per volontà del vescovo, sono trasferite nel Monastero delle Benedettine. Nel 1796 la dimora è assegnata alle Clarisse di Lequile che lo abitano per poco, perché sopravviene, a inizio Ottocento, la legge di soppressione degli ordini religiosi. Solo nel secolo scorso, la chiesa, intitolata alla Madre di Dio (chiesa delle scalze), viene abitata dalle Suore Smaldoniane, e diviene Santuario di San Filippo Smaldone.
Le Figlie di San Francesco di Paola vengono istituite a Lecce nel 1542 e si installano nella chiesa e nel convento di Santa Maria delle Angiolille, attuale sede comunale. Venne istituito nel 1839 l’educandato femminile provinciale, ma effettivamente aperto nell'autunno del 1841, ed è affidato alla cura delle «Paolotte» che rientrano, con questo mandato, nella loro vecchia sede delle Angiolille. Con l'unificazione e le leggi soppressive degli ordini religiosi l'educandato è chiuso. L'amministrazione provinciale lo riapre nel 1877, negli stessi locali, e lo affida, auspice Sigismondo Castromediano, alla direzione laica della pedagogista toscana Maria Amalia Paladini e, poi, di Luigia Widmayer-Silva. L'educandato non decolla. Le famiglie del patriziato locale diffidano dei nuovi indirizzi educativi e non iscrivono le loro figlie. Nel 1882 l'amministrazione provinciale rivede la decisione e chiama in città le Orsole di Santa Marcellina, una congregazione religiosa dedita alla formazione delle giovani secondo i valori cristiani in uno spirito di sincero patriottismo. Le iscrizioni arrivano. Nell'anno scolastico 1884/85 si raggiungono le 80 convittrici e tali rimarranno, più o meno, nel decennio successivo. Nel 1893 l'educandato trasloca nella nuova e definitiva sede. Nel corso del Novecento le Marcelline adeguano i programmi di studio impartiti a quelli ministeriali e l’educandato si trasforma in istituto scolastico legalmente riconosciuto.
L'Orfanotrofio provinciale femminile Santa Filomena, che in epoca postunitaria assumerà il nome di Principe Umberto, è istituito nel 1836, ma è effettivamente aperto nel 1841, nei locali dell'ex convento dei Cappuccini della Madonna dell’Alto. Accoglie orfane povere e abbandonate, di età compresa tra i 6 e i 18 anni ed è affidato alla direzione delle Suore Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli. Alle orfane sono impartiti i rudimenti del leggere, dello scrivere e del far di conto e si fanno apprendere le «arti donnesche» (dalle più ordinarie faccende domestiche ai più ricercati lavori ad ago) allo scopo di farne delle «buone madri di famiglia» o da riuscire a procurarsi da vivere lavorando in proprio. Inizialmente l’orfanotrofio accoglie 45 fanciulle, ma a regime, in epoca postunitaria, giunge ad ospitare oltre 300 ragazze: per metà sono allieve «ordinarie» le cui spese di mantenimento gravano sull'ente provincia o sulle famiglie; per metà sono minorenni discole, avviate all'istituto da un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Questo gruppo di ragazze, ad inizio Novecento, sarà assegnato all'Istituto Buon Pastore.
Sull’attuale Via Taranto, nel 1907 Suor Veronica Ducillo, attingendo ai suoi averi, con gli auspici del vescovo della città, Gennaro Trama, fonda l'Istituto del Buon Pastore con il fine di rieducare attraverso la disciplina e il lavoro ragazze minorenni discole, avviate all'istituto per un provvedimento dell'autorità giudiziaria. La conduzione interna è rigorosa ma inclusiva: alcune attività che impegnavano le convittrici, come ad esempio la scuola di cucito e di ricamo, erano aperte alla frequenza di ragazze esterne. Tra le suore che insieme alla fondatrice hanno speso intelligenza e denari per l'ampliamento della sede si ricordano le suore Adele Tafuro e Gertrude Chimienti. L'istituto è rimasto in attività fino agli anni Sessanta del Novecento. L’immobile è divenuto un plesso dell’Università del Salento.
Così abbiamo fornito - in due puntate - un piccolo quadro della vitalità della vita religiosa nella Lecce antica, certi che nuove pagine si scriveranno nell’attualità.