La sentenza di ieri della Corte Suprema degli Usa sull’aborto fa cadere due tabù.
Il primo è che, a differenza di quanto accaduto a partire dal 1973, con la sentenza Roe v. Wade, e in Italia col caso Englaro o col suicidio assistito, non spetta ai giudici imporre le norme. Spetta invece ai Parlamenti, assumendosi la relativa responsabilità politica, approvarle dopo averne discusso: ai giudici compete “interpretare la legge”, non inventarla.
Il secondo è che “la Costituzione (degli Usa) non conferisce il diritto all’aborto”: e questo è un importante passo in avanti nella direzione della piena tutela del diritto alla vita del concepito. Come per ogni tabù che cade, si tratta di una scelta di civiltà.