“Voglio ringraziare il popolo italiano per quello che ha fatto per noi. Quello che temiamo è che forse non è stato completamente compreso in Italia, la portata del dolore e della distruzione che abbiamo subito. Quello che vi chiedo è: non dimenticatevi di noi e continuate a sostenerci. Aiutateci a ricostruire un tessuto forte e solido attraverso la Chiesa”.
È l’appello di Padre Taras Pavlus, parroco della chiesa greco-cattolica di Mykolaiv e direttore della Caritas locale. La Chiesa è ancora in costruzione. Per raggiungerla c’è una strada sterrata. Non è facile percorrerla né a piedi né con la macchina.
Nonostante sia una domenica freddissima e comincia anche a nevischiare, la piccola cappellina nei sotterranei dell’edificio è piena di gente. È un giorno di grande festa per la parrocchia: Padre Alexej ha potuto celebrare per la prima volta la messa. La comunità lo accoglie in preghiera e con canti. Poi tutti si mettono in fila e via via si inginocchiano davanti al nuovo sacerdote per ricevere da lui una benedizione.
Nonostante si respiri un’aria di festa e di solennità per le candele accese, i canti intonati e le icone sacre, in realtà tutto attorno a questa piccola chiesa, sono ancora visibili i “segni” della guerra. A pochi metri, un edificio è stato completamente sventrato: molto probabilmente un missile è caduto dal tetto distruggendo tutti i piani e gli appartamenti. Sulle strade, transitano carro armati e mezzi militari. Il centro della città che si trova a pochi chilometri dalla parrocchia, è vietato all’accesso e completamente transennato con filo spinato e cavalli di Frisia. Bunker militarizzati sono a controllo della zona. Nell’area protetta ci sono gli edifici dell’amministrazione regionale e comunale. E poi c’è il porto, un tempo fiore all’occhiello di questo Paese per il suo cantiere navale. Oggi, una minaccia di possibile sbarco dei russi su questo territorio.
“Io dico sempre che a Mykolaiv va tutto bene”, dice sorridendo padre Taras. “Abbiamo passato tempi molto duri. Oggi abbiamo speranza”. Durante tutto il periodo della guerra, questa chiesa è rimasta sempre aperta. Si fa fatica ad entrare nella cappellina sotterranea. Come in tutte le chiese ucraine, anche qui ogni spazio libero è riempito dai pacchi della Caritas. “Nella nostra parrocchia grazie alla Caritas siamo riusciti a dare da mangiare e aiuti alle persone”, racconta il sacerdote. “Tutti, i fedeli e le persone in difficoltà, qui trovano sempre un pacco da portare via”. Anche a Mykolaiv, ogni giorno si organizzano centri di distribuzione del cibo in vari punti della città. Si sta sperimentando anche una forma di aiuto finanziario. “Ma questa può essere solo una situazione temporanea”, confida il parroco. “Bisogna capire come evolverà: ci rendiamo conto che l’aiuto dei pacchi e l’offerta di pasti caldi sono ancora importanti ma non possono durare troppo a lungo perché non saranno più sufficienti quando le persone chiederanno di essere aiutate a riprendere la loro normalità. Dobbiamo cioè poter garantire dei prestiti. Aiuti in grado anche di sostenere e riavviare una economia che con la guerra si è bloccata”. Il futuro passerà anche attraverso la ricostruzione, degli appartamenti e della chiesa, dice il parroco. L’inverno è arrivato e le temperature stanno scendendo. “Abbiamo sempre affrontato qui inverni duri. Quello che preoccupa non è il freddo ma la mancanza di elettricità. Se manca quella, non abbiamo modo per riscaldarci”.
La messa domenicale nella parrocchia è finita. I fedeli si fermano a salutare il parroco. Che cosa ha detto oggi durante la liturgia? “Ogni domenica - risponde Padre Taras - preghiamo per le forze armate, per la vittoria e per la Grande Ucraina. Ogni domenica ringraziamo anche tutte le persone che ci hanno sostenuto in questi mesi, tutti i volontari che lavorano qui e tutte le persone che aiutano dall’estero. È un aiuto che stiamo ricevendo fin dal primo giorno di guerra. L’ultima preghiera è stato un canto alla grande Ucraina unita. Noi abbiamo una grande speranza. La nostra speranza è che tutto andrà per il meglio. Cominciamo a crederci. Siamo passati da tempi durissimi in cui 20/30 razzi al giorno venivano sparati contro la nostra gente e contro le nostre città a giorni in cui non abbiamo nessun attacco”. L’ultimo pensiero del parroco è per il Papa di Roma: “Aspettiamo Papa Francesco. Oggi per noi Papa Francesco è una luce. Una sua visita qui in Ucraina potrebbe portare in questa terra martoriata dalla guerra, luce e speranza”.