Sono ormai oltre 6mila le vittime del terremoto che ha colpito Turchia e il centro nord della Siria. Il bilancio, purtroppo, è ancora provvisorio. I soccorritori scavano ancora per estrarre persone da sotto le macerie ma è una corsa contro il tempo. Freddo e pioggia rallentano le operazioni e anche la terra non ha smesso di tremare.
Da Aleppo, Filippo Agostino, referente della Fondazione Avsi per la Siria, parla di “città spettrale, vuota. Si sentono solo i rumori dei soccorsi. Negozi e locali sono tutti chiusi. Molta gente dorme in auto o all’aperto, nei parchi, sotto dei teli adattati a tende scaldandosi con dei fuochi improvvisati. Poche le persone che hanno fatto rientro in casa perché la paura è tanta e il rischio di crolli altissimo. La macchina dei soccorsi sta funzionando e si è mossa subito. Scavatori, ruspe, gru stanno lavorando incessantemente, anche le ambulanze girano in continuazione, stanno salvando tante vite umane, ma è una corsa contro il tempo”.
“Tutte le chiese hanno aperto le loro porte alla popolazione stremata - dichiara Padre Bahjat Elia Karakach, frate della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Aleppo - in tanti hanno trovato rifugio nei locali per le attività pastorali. Qui in parrocchia dormono in terra e sulle sedie oltre 400 persone. Abbiamo celebrato la messa e in queste prime ore stiamo dando loro la colazione. Solo nella giornata di ieri abbiamo fornito 2mila pasti, di questi 500 li abbiamo portati ad Aleppo Est la zona più danneggiata della città perché bombardata durante l’assedio. In quella area c’è tanta gente sotto le macerie. Diamo da mangiare a tutti senza distinzioni e abbiamo aperto le porte a chiunque abbia bisogno. Adesso cominceremo a valutare i danni alle abitazioni, molte sono lesionate e pericolanti. È importante che le persone rientrino in casa laddove possibile e sicuro”.
Intanto la macchina degli aiuti non si ferma. “Stanotte sono partiti verso Latakia e verso Aleppo, le zone più colpite, numerosi camion di aiuti di vario tipo, tra cui cibo e vestiario. Ma - avverte Agostino - si tratta di scorte che possono servire nell’immediato, nel medio e lungo periodo la popolazione terremotata della Siria avrà bisogno di ulteriori aiuti. Finite le scorte cosa accadrà? Serve il sostegno internazionale per supportare la popolazione. La Siria da sola non può farcela dopo 12 anni di guerra, la bomba della povertà, il Covid ora il terremoto”.
Ma un altro rischio incombe: la possibile recrudescenza dell’epidemia di colera. “Siamo molto preoccupati - spiega il referente di Avsi -. L’epidemia di colera è scoppiata alla fine di agosto dello scorso anno. È partita dalle campagne circostanti di Aleppo, è arrivata in città, e si è diffusa nel nord-ovest e nel nord-est del Paese con più di 1000 casi accertati, con diarrea acuta. Si sono contati una sessantina di morti. Numeri che fanno di questa epidemia una delle più grandi, se non la più grande attualmente al mondo di colera. Nemmeno Haiti o la Somalia presentano questi numeri”. Tra le cause di questa epidemia, aggiunge Agostino, “la mancata manutenzione delle condotte idriche, il limitato aiuto umanitario e pubblico dovuto a motivi politici che non ha permesso grandi lavori infrastrutturali e poi la siccità degli ultimi mesi. Il colera è uno dei simboli del decadimento socio-economico della Siria determinato dalla guerra, dalla povertà, dalle sanzioni che pesano tantissimo sulla popolazione”.
“Con le Nazioni Unite - ricorda Agostino - avevamo cercato, con successo, di contenere la diffusione ma adesso con il terremoto potrebbe riesplodere. Per questo vanno recuperati al più presto i corpi rimasti sotto le macerie”. “Come Avsi avevamo previsto di partire con cliniche mobili dall’ospedale St. Louis di Aleppo per andare nelle estreme zone rurali per portare cure. Ora con il terremoto è cambiato l’obiettivo, non solo il colera ma anche il recupero psico-fisico delle persone”.
“Gli ultimi due anni, tra guerra, Covid e colera, ora il sisma, la gente è disorientata e non riesce a reagire a queste tragedie. La speranza per un futuro migliore nutrita in qualche modo sotto la guerra oggi non esiste più. Sarà importante sostenerli in ogni modo; è bello vedere tanta solidarietà, ma servirebbe un allentamento delle sanzioni alla Siria perché molto utile a livello umanitario”.