“La gente ha capito che queste persone escono da una disperazione. Rischiano la morte per scappare da un’altra morte e morte. Se partono vuol dire che sono proprio disperati e speravano in una vita migliore”.
Lo ha detto don Pasquale Squillacioti, parroco di Steccato di Cutro, comunità del Cristo risorto, a pochi chilometri dalla tragedia. “La comunità è ancora scossa e sta vivendo questo momento come un lutto familiare - ha detto don Squillacioti-. Da quando è accaduto il fatto, sono stato chiamato da molte persone in lacrime, che si sono subito coinvolte tanto da portare, come primo soccorso, indumenti e viveri”.
La comunità si sta raccogliendo in preghiera quotidianamente e lo stesso parroco è ogni giorno sulla spiaggia di Steccato. Nella navata unica della chiesa installato il crocifisso realizzato con il legno del barcone. “Il messaggio che mi sento di dare ai miei parrocchiani, tra la rabbia e lo sconforto, è di portare avanti sempre Cristo, di avere la stessa direzione di Gesù nel silenzio e nel raccoglimento, supplicando Dio che vengano trovati i corpi residui se ne sono rimasti in mare”.
Lungo la strada tra Crotone e Cutro, 21 km, tanti migranti che vanno e vengono dal Cara di Isola Capo Rizzuto. “Il Crotonese e l’intera Calabria hanno un forte senso di ospitalità. Qualcuno - prosegue don Squillacioti - appena accaduta la tragedia si sarebbe portato a casa pure qualche migrante. Ancora adesso mi chiedono cosa possono fare, a qualsiasi livello, economico e di indumenti”.
Una vicinanza che avrà riverberi pastorali. “Sabato avremo l’incontro con i bambini del catechismo. Cercherò di far capire loro l’importanza di essere solidali, sensibili, perché loro sono la nostra speranza”, conclude il parroco.