“In questi otto anni ne abbiamo viste tante; tanti decreti e tanti accordi, né riteniamo che l’ultimo provvedimento del governo sul siderurgico di Taranto tenga conto di tutte le possibilità in campo, particolarmente quella di una progressiva totale decarbonizzazione, così come registriamo anche la mancata attenzione alla voce del territorio e delle istituzioni locali”.
Lo ha dichiarato l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, in riferimento all’accordo tra Invitalia, partecipata dello Stato, e ArcelorMittal. Il siderurgico torna al 50% di proprietà statale ma l’investimento in forni elettrici green riguarderà solo un massimo di 2,5 milioni di tonnellate di acciaio, a fronte degli 8 che si produrranno a regime entro il 2025, con il carbone coke, per cui è previsto il rifacimento dell’altoforno 5.
“Tutti devono essere ascoltati purché si parli di soluzioni concrete e realistiche e non si possono ignorare i tarantini. Per questo continuerò a battermi - ha proseguito l’arcivescovo -; un governo deve svolgere il ruolo che gli compete, governare, e sarà giudicato dai fatti. Al vescovo sta a cuore la salute dei cittadini e della città e quindi occorre eliminare la causa di tante malattie e di morti per l’inquinamento; allo stesso tempo desideriamo che nella drammatica situazione sociale ed economica che al Sud stiamo vivendo siano offerte proposte concrete per alternative che salvino i posti di lavoro e garantiscano uno sviluppo ecocompatibile. Sarà quindi indispensabile utilizzare bene le risorse del Next generation Eu”.
Nel frattempo, ha sostenuto mons. Santoro, “non va trascurato l’enorme dramma sanitario che stiamo vivendo. Taranto da essere la provincia più virtuosa della Puglia nella prima fase pandemica ora è tra quelle che registra il maggior numero di contagiati e di decessi: emergenza che si somma ad emergenza. Anche su questo occorre un cambiamento di rotta che riguarda non solo il comportamento dei cittadini che deve essere di responsabilità e giudizio, ma anche delle istituzioni che hanno la responsabilità di garantire un’offerta sanitaria all’altezza dei bisogni del territorio”.