C’è un divario tra il nostro Paese e la media dei Paesi Ocse sul fronte dell’istruzione e dell’educazione.
Parte da qui il contributo offerto dall’Agorà della parità alla VII commissione della Camera dei deputati, con alcune proposte migliorative della Missione 4 (Istruzione e Ricerca) del Recovery Plan. Il documento, firmato da CdO Opere Educative, Cnos Scuola, Ciofs scuola, Faes, Fidae, Fism e Fondazione Gesuiti Educazione, evidenzia che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) “dovrebbe contribuire a rispondere” perciò alla cosiddetta “emergenza educativa”. Secondo i firmatari del contributo, “le riforme proposte non ci sembra possano comportare un ‘cambio di passo’.
In particolare non si fa alcun riferimento all’autonomia, mentre l’emergenza sanitaria ha mostrato nelle scuole italiane l’importanza dei ‘fattori sensibili’ che costituiscono al contempo le forze vitali dell’educazione: l’affezione al servizio, il radicamento nel territorio, il valore della relazione educativa, la responsabilità e il rinnovamento”. Forze che possono fiorire “solo all’interno di una vera autonomia scolastica”.
Il secondo aspetto che manca sia nelle riforme proposte sia nei progetti è “il riferimento alla pluralità dell’offerta educativa: tutti i riferimenti del documento, anche normativi, sembrano contemplare la sola scuola pubblica statale e non la scuola pubblica paritaria, in gran parte gestita dal privato sociale”, mentre in molti Paesi europei “la pluralità dell’offerta scolastica è sostenuta e garantita dagli Stati e la qualità e l’efficienza del sistema di istruzione sono maggiori nei Paesi che promuovono il pluralismo scolastico”.
Il terzo aspetto attiene alla “carenza di visione strategica del piano in parola in ordine alla necessità di massicci investimenti volti ai minori e alla natalità”. Infatti, “le povertà educative che la pandemia ha moltiplicato si combattono proprio con il massimo investimento sui minori”. D’altro canto “la crisi delle nascite è la spia più chiara dell’incertezza sul futuro di una comunità”. Da questo investimento, che le associazioni firmatarie del documento, chiedono con forza e da tempo, “verrà maggiore parità di genere, maggiore conciliazione lavoro-famiglia, maggiore occupazione femminile, maggiore occupazione giovanile, promozione del Terzo Settore applicato all’interesse generale della funzione di cura, istruzione ed educazione”.
“Una grande manovra sull’educazione deve considerare il sistema educativo nazionale nella sua interezza e quindi la funzione pubblica di educazione ed istruzione va considerata tanto in relazione alla scuola statale, quanto a quella paritaria a partire da quella no profit – osservano i firmatari del contributo -. Il Recovery Plan deve fornire un’ampia dotazione finanziaria per ottenere anche dal sistema paritario un forte incremento nell’offerta educativa”.
Il Piano per gli asili nido e il potenziamento delle scuole per l’infanzia “deve riferirsi esplicitamente ad iniziative volte a favorire, promuovere, incentivare e sviluppare politiche attive a favore dei minori nel segmento 0-6 anche per il tramite di sinergie con il non profit e del privato sociale (che ad oggi è parte integrate del sistema 0-6 anni), la seconda richiesta. Sempre con riferimento alla scuola dell’infanzia, le associazioni firmatarie del documento auspicano “il convenzionamento diretto con le scuole paritarie dell’infanzia espressione del privato sociale. Lo strumento principe è quello della convenzione pluriennale, basata su un fondo di dotazione adeguatamente capiente”. Rispetto poi “al punto Scuola 4.0. scuole innovative, cablaggio, nuove aule didattiche e laboratori” si chiede un “esplicito riferimento anche alle scuole paritarie”.
Da ultimo si chiede una separazione tra il percorso abilitante all’insegnamento e quello di assunzione nei ruoli dello Stato.