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La risposta a chi chiede di morire non è l’eutanasia o il suicidio assistito ma è fatta di vicinanza, ascolto, accompagnamento. Occorre inoltre garantire a tutti i malati terminali l'accesso a cure palliative e terapia del dolore. Ne è convinto lo psichiatra Tonino Cantelmi, che lancia l’allarme sul fenomeno emergente di persone con patologie mentali che in Italia chiedono di accedere a queste procedure all'estero.

 

Chi chiede di essere aiutato a morire vive “in uno stato di profonda depressione e delusione nei confronti dell’umanità”; la sua è in realtà “una domanda di vicinanza e sostegno”. Non ha dubbi lo psichiatra Tonino Cantelmi, che esprime assoluta contrarietà a risposte “disumane” come eutanasia e suicidio assistito e assicura: “Non accetteremo mai di smettere di curare”. Il tema sarà al centro di un incontro di alto profilo sul fine vita, in programma il prossimo 11 settembre a Roma. A darne notizia è l’associazione Scienza & Vita sulla sua homepage, sottolineando l’importanza dell’evento “Eutanasia e suicidio assistito. Quale dignità della morte e del morire?” nella prospettiva della probabile pronuncia della Corte Costituzionale - prevista per la fine di settembre - in materia di suicidio assistito.

All’appuntamento interverrà anche il cardinale presidente della Cei Gualtiero Bassetti, che lo scorso 13 luglio, a proposito di alcuni disegni di legge in discussione alla Camera e di ipotesi di apertura a forme di “morte medicalmente assistita”, aveva dichiarato in un’intervista ad Avvenire: “Sono allarmato per quel che potrebbe significare per noi tutti accettare che si possa legittimamente aiutare qualcuno a morire. Provo un profondo turbamento di fronte alla possibilità che anche nel nostro Paese si aprano le porte all’aiuto al suicidio, tramite una legge o attraverso le sentenze di tribunali ordinari o della Corte Costituzionale”. “Sulla questione - aveva aggiunto - pende, come noto, una decisione della Consulta che si riunirà il 24 settembre, a meno che il Parlamento non si pronunci al riguardo, ad esempio intervenendo sull’articolo 580 del Codice penale soltanto per differenziare e attenuare - non depenalizzare! - in alcuni casi la previsione sanzionatoria all’aiuto al suicidio”.

Nel frattempo, lo scorso 18 luglio il Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) ha rilasciato un parere sull’eticità del suicidio assistito, al quale è seguita il 30 luglio una precisazione dello stesso Cnb per fare chiarezza sul cortocircuito mediatico che ha fornito una rappresentazione impropria del parere presentandolo erroneamente come una sorta di apertura al suicidio assistito. Sulla stessa linea del card. Bassetti, Cantelmi esprime preoccupazione per la possibilità che un eventuale intervento della Consulta possa “legittimare” nel nostro Paese l’aiuto al suicidio e lancia un allarme: “Da psichiatra non posso non segnalare che in Olanda e in Belgio, Paesi nei quali sono stati introdotti da tempo eutanasia e suicidio assistito, a queste pratiche inizialmente riservate a malati terminali, accedono sempre più pazienti psichiatrici e malati di Alzheimer e a questo fine sono attive dall’aprile di quest’anno specifiche linee guida. L’ultimo caso è quello di una ragazza malata di anoressia”. “Tutte le persone depresse pensano alla morte come soluzione al loro stare male – spiega lo specialista – ma assecondare questa richiesta significherebbe arrendersi al disagio psichico e non curarle più”. Cantelmi racconta di essere stato già contattato da un paio di persone che gli hanno chiesto di visitarle e rilasciare loro un certificato per recarsi in Svizzera e avere accesso al suicidio assistito.

Secondo l’Oms, prosegue, “nel 2030 la maggiore spesa sanitaria mondiale sarà legata ai problemi di salute mentale e

la risposta che stiamo preparando - eutanasia o suicidio assistito - è disumana. Per noi psichiatri è un fatto di una gravità devastante perché facciamo un’enorme fatica per curare le persone e salvarle prevenendo il suicidio e accompagnandole nella sofferenza”. È un grido accorato quello dello specialista che assicura: “Non accetteremo mai di smettere di curare offrendo alle persone, oltre ai trattamenti, vicinanza, prossimità e attenzione”.

Alla domanda su che cosa ci sia realmente dietro una richiesta di aiuto a morire, Cantelmi risponde: “I pazienti psichiatrici, ma in generale tutti quelli che chiedono il suicidio assistito vivono in uno stato di profonda depressione e delusione nei confronti dell’umanità. Si sentono lasciati soli, abbandonati, a volte avvertono di costituire un peso per gli altri. La loro, in realtà, non è una domanda di morte ma di ascolto e di aiuto. Sono convinto che con una risposta di vero accompagnamento e vicinanza, queste richieste sarebbero molto meno numerose”.

E in questa risposta di umanità, a farla da leone sono le cure palliative che tuttavia sono a macchia di leopardo sul territorio e non costituiscono ancora un diritto effettivo per tutti i cittadini. Per Cantelmi “le cure palliative andrebbero incrementate e devono essere accessibili a tutti coloro che le richiedano. Abbiamo una delle migliori leggi in assoluto, ma viene disattesa e molte persone non ne conoscono neppure l’esistenza. Un’ulteriore offesa che ci indigna”.

 

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