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"Alla Trinità la musica sacra nci piace". Ha esordito con questo slogan, sottolineato dal simpatico accento siciliano della voce, mons. Giuseppe Liberto, mentre si apprestava a rivolgersi, l'altra mattina, agli allievi e maestri di organo, direzione di coro e composizione del Conservatorio "Tito Schipa" di Lecce, sotto la supervisione del maestro Francesco Muolo.

Con parole sapienti e ricche di fede, il maestro ha sviluppato la sua lectio magistralis riflettendo sul ruolo "ministeriale" che gli operatori liturgico-musicali ricoprono all'interno di una celebrazione.
Ha diviso, dunque, il suo intervento in tre parti, rivolgendosi dapprima ai direttori di coro i quali devono essere capaci di compenetrare lo spartito e comprenderne lo spirito, il senso, il significato e l'intenzione dell'autore. Attraverso anche il semplice sorriso e la composta gestualità, il direttore di coro deve catechizzare e, quindi, coinvolgere i suoi cantori.


Successivamente si è soffermato sul ruolo di quest'ultimi i quali non sono musicisti di seconda serie, ma docili e coscientemente disponibili alle indicazioni del direttore, devono saper comunicare la "Parola" al fine di esprimere il musicale che è in essa e divenire "profeti" dell'ineffabile.


Il coro, tuttavia, non deve sostituire l'assemblea orante, ma aiutarla a cantare pregando e a pregare cantando, nei momenti previsti per la stessa. Anche i fedeli che cantano dai banchi devono conoscere le parti che gli competono (antifone, ritornelli, parti dell'ordinario) al fine di ottenere una partecipazione piena e attiva, in virtù del sacerdozio battesimale e per realizzare un unico corpo nella molteplicità.


Infine, mons. Liberto ha sviluppato e approfondito la sua dissertazione al riguardo dell'uso liturgico dell'organo a canne. Dopo un primitivo utilizzo rivolto alle dissolutezze romane, l'organo entrò in chiesa per essere utilizzato nel servizio al culto, fino a divenire "strumento atto ad elevare gli animi a Dio", sostenendo l'assemblea che canta e aiutando alla preghiera.


L'organista liturgico, ha sottolineato il maestro Liberto, è un vero "ministro liturgico" che, previa conoscenza della musica e delle norme liturgiche, accompagna il canto e lo incornicia in preludi, interludi e postludi, aiutando alla preghiera e alla meditazione, fino all'estasi. Pertanto, l'organista liturgico deve essere insieme compositore, accompagnatore e improvvisatore.


Tutti, comunque, devono avere un unico fine che non deve essere l'autoreferenzialità, che può sfociare fino all'idolatria del proprio essere e del proprio fare, ma riasdumersi in quell'espressione che J. S. Bach scriveva sulle sue partiture: "Soli Deo Gloria".

Ieri sera l'attesa concelebrazione eucaristica in cattedrale presieduta dall'arcivescovo mons. Michele Seccia, con la quale si è chiusa la tre giorni di formazione.

 

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