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La Chiesa di Lecce ha risposto all’invito del suo pastore, l’arcivescovo Michele Seccia: in tanti ad accoglierlo ieri pomeriggio nell’aula magna Codaci-Pisanelli dell’Ateneo salentino.

 

Un popolo attento che dall’ascolto è passato alla riflessione, per giungere poi alla proposta di possibili percorsi per la costruzione di una comunità ecclesiale che si muove in sinergia. Un incontro esclusivo dell’assemblea diocesana per ascoltare e valutare le relazioni  delle varie vicarie, sintesi di approfondimenti condivisi.

“L’ascolto tra persona e sinodalità” è il tema conduttore della relazione introduttiva del professor Nicola Paparella. Partendo dal titolo della lettera pastorale “Ascolta popolo mio”, il relatore ha lanciato delle provocazioni: chi è il popolo? Indica certamente un’idea di totalità: ma include anche gli assenti? La risposta nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium: «Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità». La salvezza, caratteristica che contraddistingue il popolo di Dio, non si realizza mai nella solitudine dell’io o nell’autoreferenzialità, ma richiede sempre e comunque la dimensione del noi. Questo il senso del percorso Chiesa-comunità-sinodalità. Il sinodo indica, infatti, un cammino fatto insieme, la condivisione e l’assunzione condivisa della responsabilità che ne consegue. Le criticità possono essere superate dall’armonia, dalla consonanza di voci e strumenti, in atteggiamento di umiltà e, soprattutto, di preghiera.

La parola a mons. Michele Seccia che, salutati i presenti, si dice pronto non a parlare, ma ad ascoltare i rappresentanti delle vicarie (riunite lo scorso 12 febbraio nella seconda tappa del percorso) per delineare, attraverso il confronto, progetti di azione comunitaria.

Angelo Pennetta, referente della vicaria di Squinzano, sottolinea l’importanza dell’ascolto della parola di Dio nella crescita delle comunità parrocchiali, attraverso l’impegno di un continuo confronto col Vangelo. L’anelito di carità rappresenta il punto di convergenza dei vari ambiti: “usare occhi, orecchie e braccia per la ricerca nuovi modi di missionarietà”.

Assunta Corsini, rappresentante della vicaria di Lecce, ha sottolineato la perdita del valore del silenzio e l’esigenza forte di una Chiesa che faccia dell’ascolto uno stile di vita, puntando all’essenzialità. Non mero sentire, ma promozione di un autentico senso di appartenenza: “non fare per fare, ma fare per ottenere un progresso e una crescita comune”.  Sfrondare la vita comunitaria da ogni tentazione di attivismo, creando le condizioni, a tutti i livelli, di una maggiore conoscenza reciproca per sviluppare stima, fiducia e comunione. Ascolto attivo e quindi partecipazione attiva.

Antonella Guido, per la vicaria di Monteroni, ha precisato che non ci può essere una adeguata evangelizzazione senza una adeguata formazione di tutti gli operatori pastorali, tenendo conto delle nuove tecnologie e dei nuovi strumenti di comunicazione. “Leggere i segni dei tempi è un momento imprescindibile per poter adattare l’evangelizzazione a quelle che sono le reali condizioni della società”.

Vinicio Russo, incaricato dalla vicaria di Vernole, segnala la necessità, nei diversi luoghi d’incontro, della centralità dell’ascolto della Parola, che può accompagnare e fecondare nella misura in cui l’ascolto diventa nostro stile di vita e trasmissione attiva di valori. La necessità quindi della promozione di una pastorale organica per una adeguata lettura del territorio, in modo che, attraverso ‘l’apostolato dell’orecchio’, citando Papa Francesco, ci si possa avvicinare a chi ha realmente bisogno.

Don Piero Quarta, voce del presbiterio di Lecce, riporta le riflessioni più salienti di un’analisi condivisa e molto sentita: dal dono della comunione presbiteriale alla centralità della parola di Dio, coniugata con la beatitudine dell’ascolto, per giungere al servizio pastorale. Emerge un interrogativo forte: “non è forse vero che la nostra missione non decolla perché viziata da una sorta di bulimia dell’io?”. Ne consegue l’urgenza di creare nuovi e più strutturati spazi e tempi di dialogo nel presbiterio e per il presbiterio, nella costruzione di un clima di fraternità fondata sull’ascolto e nel mettere in pratica la parola di Dio. Centralità della Parola e non della singola persona, quindi.  Il metodo dell’ascolto sinodale e consultivo deve divenire una costante: “insieme siamo Chiesa, vescovo, presbiteri e fedeli laici, popolo di Dio in ascolto della parola sine glossa”.

L’augurio finale dell’arcivescovo Michele Seccia affinché la parola di Dio arrivi a tutti: “il termine missione e missionarietà non ci deve far pensare solo alle terre lontane, perché luogo della missione è anche il nostro territorio. Appunti per la riflessione, ma soprattutto necessità della preghiera comunitaria per il vescovo e tutto il presbiterio. La responsabilità di una volontà determinata al cambiamento deve affondare le sue radici in un cuore rinnovato, convertito”.

“Non teorie dell’ascolto - ha concluso Seccia -, non discorsi da clima elettorale, di promesse a vuoto, non ricerche di ruoli da protagonista, ma esperienze di fede e di comunione". Parola e dialogo, sostenute dall’ascolto.

 

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