Si è svolto l'altra sera nel chiostro del seminario di piazza Duomo in Lecce il primo incontro di "Dialoghi al Pozzo", progetto alla sua prima edizione, voluto dall'arcivescovo Michele Seccia e organizzato dall'Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali con la nostra testata giornalistica diocesana.
Protagonista, Francesco Giorgino, che ha dialogato con Marcello Favale sul tema attualissimo della "comunicazione". Partendo da "Alto Volume", ultima fatica del giornalista Rai, seguendo per un'analisi, frutto di un approfondito studio sociologico, e concludendo con riflessioni e considerazioni, tutto il percorso dialogico ha avuto come àncora il messaggio di Papa Francesco che ci invita a rallentare e riflettere sulle conseguenze che i nuovi media stanno riportando sulle nostre vite. "Connessione non vuol dire condivisione - ha detto il Papa - “ e Giorgino, ammettendo di essere d'accordo, ha spiegato chiaramente il motivo: la comunità presuppone relazioni sociali autentiche che le connessioni da sole non possono dare.
Ciò non vuol dire che i media vadano condannati. Essi sono diventati indispensabili nel nostro quotidiano. In particolare i social-network hanno annullato le distanze, rimodulato il senso del tempo, sono il cuore di quello che si intende per "post-modernità", ha argomentato Giorgino. Il problema sta nella non consapevolezza, nell'incapacità di gestione dei mezzi che provoca le distorsioni. Così non siamo più noi ad utilizzare i media, ma sono essi a prendere il sopravvento. Tutti siamo coinvolti in questo vortice, nessuno escluso. Dai politici che non riescono a mantenere un'immagine istituzionale perchè il privato si è annullato sotto i riflettori delle connessioni, ai professionisti che, seguendo semplicemente il flusso delle informazioni e cercando algoritmi per scoprire i gusti del pubblico, non forniscono autentica informazione e scambiano ciò che è oggettivamente importante per ciò che è soggettivamente interessante, per finire ai "non addetti ai lavori" che avendo perso fiducia nei professionisti, si affidano a Facebook che, volenti o nolenti, non è più solo un social-network, ma è diventato la principale fonte d'informazione.
Il rischio è quello di non riconoscere la vera informazione, di non saper distinguere il giusto dall'apparenza, come se tutti fossimo diventati venditori di brand. Ed allora, è qui che dovrebbe intervenire la comunità. Giorgino auspica un'alleanza tra agenzie comunicative (famiglia, scuola, altre istituzioni) che insegnino il corretto uso dei media già dalla primissima età e ne facciano conoscere i rischi. Inoltre, i giornalisti dovrebbero adattarsi alla società e diversificarsi, connettere i fatti per dare un'interpretazione più approfondita dell'informazione e non semplicemente seguirne il flusso.
Al termine dell'incontro, quando gli è stato chiesto scherzosamente qual è il suo algoritmo, con semplicità il giornalista ha risposto "la passione" perchè da quando aveva sedici anni e davanti allo specchio ripeteva le notizie di cronaca che ascoltava in televisione, sapeva di voler fare quel mestiere e forse, ci permettiamo di concludere, la passione è il segreto della vita, la luce guida delle nostre scelte e azioni che, bando alla pigrizia, non ci fa perdere mai di vista ciò che è importante, il senso critico, i valori, la vita comunitaria, con o senza i media.
Secondo e ultimo appuntamento della prima edizione di “Dialoghi al pozzo” giovedì 30 maggio (ore 19 . chiostro dell'antico seminario) con don Marco Pozza (meglio conosciuto specie dai giovani come “don Spritz”), cappellano del carcere di Padova. Volto noto della tv (A sua immagine e le interviste a Papa Francesco), molto vicino al linguaggio delle nuove generazioni, parroco di una parrocchia virtuale. Converserà con la collega di Telerama, Raffaella Meo. Titolo dell'incontro “Dire Dio. Tra cockatail, graffiti e canto gregoriano).