Una vera e autentica epifania della Chiesa di Lecce: questo è stata la celebrazione della solenne messa crismale presieduta ieri dall'arcivescovo Michele Seccia nella cattedrale di Lecce e trasmessa in diretta su Portalecce e Telerama (GUARDA).
Insieme a lui, oltre al presbiterio diocesano e religioso, al collegio dei diaconi, ad una nutrita rappresentanza di laici consacrati e al popolo santo di Dio, i due vescovi emeriti residenti in diocesi mons. Cristoforo Palmieri e mons. Luigi Pezzuto, segno eloquente di fraternità e collegialità episcopale.
Un Seccia commosso e al contempo autorevole ha, tuttavia, preso la parola nel pensiero omiletico (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) per essere per i suoi preti padre, fratello, amico, manifestando in tal modo la grande umanità che sempre lo contraddistingue e non mancando di indicare in modo perentorio la dritta ai sacerdoti, suoi diretti collaboratori nel ministero.
Tra i numerosi tarli che possono intaccare la vita di un presbitero vi è certamente la routine, in grado di togliere dalla esperienza sacerdotale quel pathos che sempre deve innervarla e porre il ministro di Dio nella condizione di sperimentare stanchezza, delusione, apatia, cose tutte che portano ad una chiusura e ad un camminare affannoso e affaticato e non al passo con quel corpo sacerdotale nel quale, mediante la sacra ordinazione, si è stati inseriti.
Questo ha rimarcato Seccia con vigore: "anche noi sacerdoti, consacrati dal Signore per essere discepoli e missionari del suo amore, siamo chiamati a imitare Gesù, lasciando che il nostro popolo si stupisca perché ci sforziamo, con l’aiuto della grazia, di fare bene ogni cosa. Per giungere a questa meta, sappiamo quanto sia aspro e duro il cammino, conosciamo le nostre fragilità e difficoltà. Ma non dobbiamo, né possiamo, scoraggiarci, perché se ardua è la meta, se difficile è il percorso, siamo certi che il Signore ci è vicino, ci sospinge, ci aiuta e si fa nostro compagno di strada”.
Ecco, dunque che, da buon pedagogo, il presule leccese dona ai suoi sacerdoti due grandi suggerimenti, utili rettificarne le intenzioni, a purificarne le iniziative e proseguire nel cammino sinodale, affinché questo tempo di grazia produca frutti di comunione e di pace.
La prima qualità presentata è la virtù della obbedienza non intesa quale pedissequa osservanza di regole ma come segno di condivisione di uno stato di vita che, sempre più, è chiamato ad essere portatore di testimonianza per il popolo che è affidato alle cure pastorali dei ministri ordinati.
Ha incalzato Seccia: "la prima dimensione che desidero richiamare è l’obbedienza. Questa parola sembra ormai fuori moda, e pare che non rientri più in una salda formazione umana, spirituale e sacerdotale. Invece dobbiamo riscoprirne il senso più intimo e profondo. Per questo, mi piace rifarmi al Mistero Eucaristico che celebriamo ogni giorno. Seguendo l’insegnamento di Sant’Agostino sappiamo che così come l’attenzione con cui ci accostiamo all’Eucaristia è tale da non far cadere nemmeno una briciola di Pane consacrato, allo stesso modo dobbiamo prestare molta accortezza, affinché nemmeno una Parola divina cada invano nel nostro cuore. Pertanto, se siamo così solleciti nel nutrirci del Corpo del Signore, perché non siamo parimenti impegnati ad ascoltare la voce dello Spirito Santo?”.
Continua l'arcivescovo: "la seconda dimensione che vorrei sottolineare è l’autentica fraternità. La fraternità sacerdotale è il segno della comunione che lo Spirito crea in coloro che sono stati incorporati nell’unico sacerdozio di Cristo: essi, infatti, sono uniti tra di loro da un’intima fraternità sacramentale. La necessità che il sacerdote ha, nella vita di ogni giorno, di mantenere gli impegni assunti, di cercare consiglio e aiuto davanti alle difficoltà personali e pastorali, e di fomentare i legami di amicizia e di comunione sacerdotale, giustificano pienamente la nascita e lo sviluppo della fraternità sacerdotale. Cari sacerdoti, vogliatevi sempre bene e sostenetevi reciprocamente, sapendo che nel vostro vescovo avrete sempre un padre, un amico, un fratello maggiore che desidera guidarvi sul cammino di Cristo, sulla via della santità vera”.
Dopo la rinnovazione delle promesse sacerdotali, al canto dell’“O Redemptor sume carmen” gli olii del Crisma (consacrato con l’aiuto dei presbiteri), dei catecumeni e degli infermi sono stati presentati al presule che una volta benedetti li ha ri-donati a tutta la comunità ecclesiale diocesana perché possano essere segno di santificazione per il suo cammino.
Seccia al termine della celebrazione ha voluto che tutti i sacerdoti in un clima di affettuosa fraternità potessero condividere con lui un momento di agape fraterna così da rendere visibile la gioia e la bellezza dell'essere, vescovo e preti, parte di una unica famiglia.
Al pastore leccese la gratitudine di tutta la famiglia presbiterale per questo evento desiderato e per il modo affettuoso e paterno con cui sempre accompagna, guida e sostiene i passi di questa porzione di popolo affidatagli dal Bel Pastore.
Racconto per immagini di Arturo Caprioli