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In occasione della recente Giornata mondiale contro le droghe, la Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict) ha lanciato lo slogan “#EduCare alle relazioni”, per riflettere sull’importanza dell’ascolto dei giovani ma anche degli adulti, per prendersi cura e ripartire da un rinnovato patto educativo basato su valori e ricerca di senso. Ne parliamo con il presidente, Luciano Squillaci.

 

 

 

Il motto scelto dall’Onu si abbina perfettamente a quanto la Fict sostiene da tempo: le persone al centro…

Siamo molto contenti della scelta del tema di quest’anno per la Giornata, perché finalmente non si mette a fuoco la questione delle sostanze o della droga in quanto tale, legale o illegale, ma si ragiona di persone, l’unico elemento che in qualche modo ci può far governare la complessità ancora oggi enormemente inesplorata quando parliamo di dipendenze purtroppo. Innanzitutto, ricordiamo che le dipendenze da sostanza sono solo una parte, la dipendenza da sostanze illegali sono una parte di questa parte: esistono dipendenze da sostanze legali, basti pensare all’alcol o agli psicofarmaci, e illegali, poi ci sono dipendenze comportamentali, gioco d’azzardo, internet, ma anche dipendenze affettive. Insomma, il tema delle dipendenze è enorme ed estremamente complesso e non può essere affrontato per categorie. Abbiamo visto come tutte le politiche che sino ad oggi hanno ritenuto di poter affrontare la questione delle dipendenze e di lotta alla droga cercando di classificare le diverse dipendenze in riferimento alla sostanza o alla tipologia di dipendenza hanno fallito miseramente proprio perché non tengono conto della complessità e dell’unicità di ogni persona.

Considerare l’unicità della persona cosa comporta?

Noi riteniamo fondamentale modificare proprio l’approccio, cioè rimettere davvero al centro la persona e quindi non ripartire dal problema di cui sono portatori, ma dai bisogni effettivi di ciascuna persona. Nulla è così complesso come le dipendenze perché una persona con un problema di dipendenza ha anche un problema di carattere sanitario, sociale, economico, lavorativo, relazionale, in molti casi di carattere giudiziario. I fattori che intervengono nell’ambito delle dipendenze sono tantissimi, per cui un approccio singolare non è efficace. Per le dipendenze non si può intervenire semplicemente partendo dalla dipendenza stessa, che è solo l’esito, l’effetto, bisogna lavorare sulle cause, che è quanto di più complesso esista, ma è possibile solo rimettendo al centro la persona. E questo elimina anche gran parte delle battaglie ideologiche e diatribe che in questi anni ci sono state, perché niente divide come la droga. Ma queste divisioni molto spesso partono da presupposti sbagliati. Pensiamo alla grande battaglia su legalizzazione sì, legalizzazione no per quanto riguarda la cannabis. Mentre si sta a litigare – e lo dice uno che non ha mai ritenuto utili i processi di legalizzazione –, i nostri dati ci dicono che ormai le sostanze che in questo momento stanno imperversando sulle nostre strade sono la cocaina e il crack. E molti che prima iniziavano con la cannabis adesso iniziano direttamente da cocaina e crack. Come al solito, le sostanze ci superano, continuare a inseguirle mi sembra davvero un gioco al ribasso.

 

Cosa dicono i dati dell’Osservatorio della Fict?

Da un po’ di anni stiamo raccogliendo elementi e dati: all’interno dei nostri servizi sparsi per tutta Italia abbiamo oltre 6mila persone in carico ogni anno, se consideriamo i contatti arriviamo a 50mila. Con 6mila persone, che di fatto costituiscono quasi la metà delle persone in carico ai servizi privati accreditati, abbiamo una buona fetta di spaccato della realtà e possiamo ragionare su alcuni aspetti: la diffusione di cocaina e crack è un elemento che emerge come un trend in costante ascesa da cinque anni a questa parte. Cocaina e crack che prima erano dietro altre sostanze adesso hanno avuto un aumento esponenziale. Se pensiamo agli anni Settanta e Ottanta, fino ai primi anni Novanta, quando la cocaina era la droga dei ricchi, dei figli di papà, nessuno si sarebbe immaginato che oggi si sarebbe navigato in fiumi di cocaina. Le rilevazioni sulle acque reflue lo dimostrano in maniera chiara.

 

Come mai c’è stato questo boom della cocaina?

È una questione di “mercato”. Le sostanze sono degli elementi di automedicazione. La scelta dell’eroina era fatta per estraniarsi dal contesto. Oggi il bisogno è quello prestazionale, di conseguenza la cocaina risponde a questo tipo di richiesta. Un altro elemento che emerge dai nostri dati e che è confermato dalla Relazione al Parlamento è che ormai parlare di assuntori di una singola sostanza non è più possibile: la stragrande maggioranza, direi la totalità, è costituita da poli assuntori, che mixano diverse sostanze in base a ciò che offre il mercato, ma anche delle diverse esigenze. Trovare persone che usano solo eroina o solo cocaina è molto difficile, mentre la stragrande maggioranza mixa alcol, psicofarmaci, cocaina, eroina, allucinogeni, la cannabis, che continua a essere la prima sostanza in assoluto.

 

I vostri dati collimano con quelli della Relazione al Parlamento?

Assolutamente sì, anche se i nostri dati arrivano prima di quelli della Relazione al Parlamento. Noi valutiamo già a febbraio l’andamento dei dati dell’anno precedente, perché poi dobbiamo impostare le nostre politiche di intervento, mentre sono molto più lunghi i tempi per avere la Relazione al Parlamento, ma i nostri dati sono in linea con essi. Inoltre, malgrado il Governo correttamente stia ampliando il novero delle dipendenze, si fa riferimento solo alle dipendenze da sostanze illegali e alle persone che sono prese in carico dai servizi, circa 130mila in Italia a fronte di una stima di oltre 500mila persone che fanno un uso strutturale di sostanze illegali, quindi, stiamo parlando di 1 su 5. In realtà, il problema vero è sempre lo stesso: il sistema dei servizi, nonostante le fatiche di innovazione che singolarmente sui territori si fanno, continua a essere un sistema ormai anziano, nato per l’eroinomane classico ma che non riesce a intercettare i bisogni che sono effettivamente cambiati negli ultimi anni.

 

Rispetto ai dati diffusi il 16 giugno dall’Osservatorio europeo droghe l’Italia come si colloca?

I nostri sono dati esattamente in linea con quelli europei: vediamo un aumento rilevante della cocaina, un ritorno degli oppiacei e il dato che fa veramente impressione sull’età della prima assunzione che continua ad abbassarsi costantemente. E questo lo vediamo anche dal nostro Osservatorio: nei nostri centri di ascolto capita sempre più spesso che arrivino famiglie per parlarci dei loro figli adolescenti di 12-13 anni che iniziano a usare sostanze. La situazione inizia a diventare estremamente preoccupante. Per questo è importante mettere al centro la persona, che significa mettere al centro le relazioni che la qualificano. La sfida vera che va vinta è quella educativa. In questo momento siamo come la squadra che vorrebbe tanto vincere una partita ma non scende in campo.

 

Usando la sua metafora, cosa serve per scendere in campo e vincere?

Per scendere in campo sicuramente servono le risorse. In questo senso, su una delle nostre richieste al Governo abbiamo avuto alcune risposte: il Dipartimento politiche antidroga è stato rinforzato, abbiamo un delegato, Alfredo Mantovano, che è riuscito a collegare i diversi ministeri, abbiamo avuto la possibilità di interfacciarci con i diversi ministeri, quindi questa complessità e multifattorialità delle dipendenze è ben chiara al Governo. Tra le nostre richieste, c’è quella di istituire nuovamente il Fondo per la lotta alla droga, che nel 2004 inopinatamente è stato eliminato, un Fondo di cui si sente fortemente il bisogno per costruire tutta l’area della prevenzione e quella del reinserimento lavorativo. Oltre alle risorse, serve un investimento collettivo, dato che la questione delle dipendenze qualifica sempre più l’intera società e soprattutto le fasce giovanili delle nostre comunità territoriali. Consideriamo che oggi purtroppo sempre più spesso giovanissimi e giovani utilizzano sostanze che vanno da quelle legali, alcol e similari, a quelle illegali. C’è una diffusione enorme, un’accessibilità alle sostanze imbarazzante - tra la piazza e il dark web è possibile immediatamente arrivare alle sostanze -, questo significa che il tema educativo e della prevenzione va affrontato in termini di sistema, non si può pensare che solo gli esperti o i servizi che si occupano di droga debbano intervenire sul tema educativo. E c’è la grande questione dei messaggi che diamo.

 

In che senso?

Pensiamo a Casal Palocco: è il caso della società di cartone, la società dell’immagine che si sfracella su una smart. Addirittura non c’è neanche più il piacere della trasgressione. Una volta la trasgressione era parte della crescita dei nostri adolescenti e giovani: trasgredire consentiva di saggiare il limite. Oggi il messaggio che abbiamo inculcato ai nostri giovani è che non esiste più un limite e, quindi, non esiste neanche più la necessità di trasgredire. Infatti, non c’è nulla di più conformista che il comportamento di questi youtuber. È facile dire che il ragazzo alla guida era sotto l’effetto di sostanze, ma non possiamo dare la colpa alle canne che si è fatto il ragazzo per tutto quello che c’è intorno a questa tragedia che è l’emblema della “normalità” della nostra società. Sarebbe, come spesso è stato in passato, un modo inutile di lavarsi le coscienze.

 

Per questo per la Giornata mondiale di lotta alla droga avete lanciato come Fict lo slogan “EduCare alle relazioni”?

Esattamente, con il gioco di parole tra “educare” e “EduCare”, cioè prendersi cura: perché per noi educare significa davvero prendersi cura delle persone, per noi la sfida educativa in questo momento è quella centrale, non solo per la droga, ma in generale. Quello che è successo a Casal Palocco e che avviene quasi con frequenza quasi quotidiana è l’immagine di una società che va cambiata. E dato che il nostro futuro sono i nostri ragazzi, o torniamo a investire sul nostro futuro o davvero non ne usciamo.

 

Forum Famiglie Puglia