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Le ferite sono profonde, devastanti, complesse. La prima cosa che i giovani soldati feriti dicono è da quanto tempo sono ricoverati e quanto durerà ancora la riabilitazione.

 

 

 

Quattro mesi, sei mesi. Ma il tempo scorre lentamente ed è doloroso. Bende, aghi, cannule, flebo. Sotto le lenzuola, si scoprono braccia completamente ricostruite. Mani con le dita tagliate. Chi non ha più un piede e chi invece ha la gamba in “ricostruzione”. Tre operazioni e ancora un lungo cammino da fare. Siamo in uno dei centri medici più importanti dell’Ucraina. Per motivi di sicurezza, chiedono di non scrivere né il nome né dove si trova. Per entrare occorre passare per il controllo documenti. L’ospedale è un labirinto di corridoi lunghi e bianchi. Nelle stanze, addobbate per Natale, i letti sono tutti occupati. È qui che arrivano i soldati feriti sul fronte da tutto il Paese. L’età è giovanissima: 22, 23, 27 anni. I campi di battaglia dove sono stati feriti è la geografia di questi mesi di guerra e fuoco. C’è chi è stato sul fronte a Bachmut, la città diventata famosa perché teatro di una serie di scontri militari e atrocità tra le forze armate ucraine e le forze armate russe. Zaporizhzhia, la città dell’Ucraina meridionale dove c’è la centrale nucleare della città. Mariupol e il battaglione Azov. Ivan Yavorskyi è il direttore dell’Istituto. Sul cellulare mostra i video e le foto dei ragazzi operati. Sono corpi mutilati, teste ricucite, ragazzi con le protesi alle gambe e ai piedi.

 

 

Dottore, che tipo di ferite trattate maggiormente?

 

Le ferite sono molto diverse. Sono così diverse che non si possono confrontare tra loro. Sono però tutte molto gravi. C’è qualcuno, ad esempio, a cui manca metà della faccia. C’è chi ha perso la mascella e non può né mangiare né parlare. E questo genera un trauma molto grave. Ci sono persone che sono rimaste completamente senza gambe e senza braccia. C’è chi ha subito danni gravi agli organi genitali. C’è un giovane ragazzo ricoverato qui da noi a cui i medici per miracolo sono riusciti a salvare tutte e due le gambe perché all’inizio si pensava di amputarle. Può andare al bagno ma non potrà più essere un uomo. Viene a trovarlo la ragazza e lui ci supplica di aiutarlo perché spera di potersi sposare con lei e avere dei figli. Noi sappiamo che non è più possibile fare nulla per lui ma non possiamo ancora dirglielo perché non perda la speranza e si rimetta bene. Arrivano ragazzi con il torace talmente rotto che si possono vedere i polmoni. Ci sono anche traumi alla testa. Proprio oggi è arrivato un paziente con il volto completamente ricucito perché dal cervello fuoriusciva un liquido e questo è molto pericoloso perché, se continuerà a fuoriuscire, lui morirà. Ogni trauma è diverso ed è terribile.

 

 

Lei come vive tutto questo dolore?

 

La guerra è terribile. Quando torno in città, non vedo tutti quei giovani che vedevo prima. Se mi fermo per strada e cerco di capire chi sta guidando le automobili, non vedo ragazzi. Mi accorgo che sono tutti anziani e capisco allora che parte della nostra gioventù o è invalida, o è impegnata ancora sul fronte o è morta. C’è una grandissima percentuale di persone che sono state ferite non solo nel corpo ma anche a livello psichico. E la maggior parte di questi traumi rimarranno per tutta la vita. Questo ci fa capire che quando la guerra finirà, seguirà un periodo molto pesante dal punto di vista anche psicologico. Una grande parte di persone non potrà essere socialmente autonoma e questo può portare anche al problema dei suicidi. Ci sono alcuni ragazzi che hanno danneggiato talmente tanto il cervello che vivono in stato vegetativo. Le mamme che si prendono cura di loro li assistono con la speranza che il loro figlio possa guarire ma anche in questi casi, i danni dureranno per tutta la vita. Per me è terribile pensare al momento in cui quei genitori moriranno e questi invalidi rimarranno senza aiuto. Voglio ancora sottolineare una cosa: la guerra è una cosa terribile. E non riusciamo a capire perché nel XXI secolo una simile tragedia sia ancora possibile.

 

 

Dalle ferite che trattate, riuscite a capire come e in quali contesti di guerra se li sono procurate?

 

Anche qui i contesti sono diversi. La maggior parte però dei traumi è causata da esplosioni di mine. Un giovane venuto dalla Francia aveva il compito di raccogliere i feriti. Ma è passato un drone Shahed e la parte dietro del suo copro è stata tagliata. La cosa più terribile è quando i russi sparano le mine e quando queste mine esplodono. Sono traumi più terribili.

 

 

Se questa guerra sta portando via soprattutto i giovani, lei come vede il futuro?

 

Ci aspetta un periodo molto difficile. Di questa generazione giovane e pronta a lavorare, una parte è stata uccisa, una parte è stata ferita e una parte è traumatizzata. Il Paese dovrà assicurare una assistenza a tutti questi feriti e traumatizzati. Questo poterà sicuramente ad una crisi economica. Sarà un periodo difficile ma dobbiamo viverlo perché dobbiamo difendere la nostra indipendenza e libertà. Se non lo facessimo, e lasciassimo alla Russia lo spazio di prenderci, sarebbe molto peggio.

 

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