Nel nostro Paese medici e infermieri vengono formati poco (o nulla) all’umanizzazione delle cure. Eppure, diversi studi dimostrano che cure più orientate alla persona possono fare la differenza nella vita di un paziente con il cancro.
Dopo la diagnosi, la maggioranza dei pazienti sviluppa infatti ansia e depressione. Basterebbe aumentare gli interventi psico-sociali nei reparti di oncologia per ridurre significativamente il “distress” dei malati, eppure in Italia, su una scala da 0 a 10, la formazione dei medici sulla comunicazione clinica e/o sulla relazione di aiuto arriva a un punteggio di 2,75, con ricadute negative maggiori su patologie complesse come il cancro. Di qui la scuola Humanities in Oncology, voluta dal Cipomo (Collegio dei primari oncologi medici ospedalieri), che è partito con un corso residenziale a Piacenza il 1° marzo e proseguirà con altre iniziative sul territorio nazionale (corsi di formazione a distanza, workshop, corsi itineranti).
DOMANDA DI GUARIGIONE E D’AMORE
“In questa fase di grande sviluppo scientifico e tecnologico, c’è un’enorme domanda di guarigione attorno a noi, che spesso si sviluppa lontanissima dalla tradizione cristiana”, ha esordito mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita (Pav), intervenendo alla presentazione di Humanities in oncology. “Molte persone - ha proseguito - oggi vanno alla ricerca di pratiche magiche, occulte, miracolistiche, astrologiche. Credo che questa affannosa ricerca di protezione, sicurezza e guarigione sia una domanda che spesso non trova ascolto”. Secondo il presidente Pav, “la domanda di guarigione, anche se spesso è mal posta, non è altro che una grande domanda d’amore. E dobbiamo rispondere”. Di qui l’incoraggiamento al Cipomo “a proseguire sulla strada intrapresa”.
RIMETTERE AL CENTRO LA PERSONA
“La nostra scuola punta a favorire quell’insieme di competenze comunicative relazionali e umane necessarie nella professione dell’oncologo - ha spiegato Luisa Fioretto, presidente Cipomo, direttore Dipartimento oncologico Azienda sanitaria Toscana Centro e socio fondatore di Humanities in oncology. “Competenze - ha proseguito - che restano spesso al di fuori dei normali percorsi formativi universitari e post-universitari. In un’ottica di formazione continua la scuola potrà rappresentare uno spazio di crescita dove gli oncologi interessati potranno allenarle”. Per umanizzazione delle cure si intende quel processo in cui si deve “porre il malato al centro della cura” passando da “una concezione del malato come mero portatore di una patologia ad una concezione del malato come persona, con sentimenti, conoscenze, credenze rispetto al proprio stato di salute”. In questo contesto - ha concluso la presidente Cipomo - “il processo di umanizzazione consiste nel ricondurre al centro l’uomo con la sua esperienza di malattia e i suoi vissuti”.
Il tema dell’umanizzazione del servizio al malato – considerato nella sua interezza fisica, sociale e psicologica – è stato inserito per la prima volta nel Patto per la Salute 2014-2016 dal Ministero della salute e da Agenas.
ALLENARE LE COMPETENZE
Secondo mons. Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la vita, è inoltre ineludibile “un’attenzione alle dimensioni spirituali delle persone, alle loro domande sulla richiesta di senso della vita che emergono in modo nuovo quando si è in un percorso di malattia e di cura”.
Il primo corso è composto da 3 moduli formativi per un totale di 37 ore per le quali verranno riconosciuti 50 crediti Ecm. Obiettivi, favorire consapevolezza ed elaborazione dei vissuti personali nella professione di medico oncologo; sviluppare competenze comunicative e relazionali nella gestione di pazienti e familiari; sviluppare competenze comunicative e relazionali nel rapporto con i colleghi.