“I poveri li avete sempre con voi” (Mc 14,7). Non esiste verità più grande di questa e che descriva il contesto sociale nel quale viviamo e la grande ricchezza che con essi (i fratelli disagiati) la Chiesa tutta porta in grembo.
Per costoro la comunità dei discepoli che vive nella diocesi di Lecce, guidata dall’arcivescovo Michele Seccia, vuole essere mano tesa, testimonianza di carità, boccata d’ossigeno che rischiara il cammino faticoso, dovuto anche a questo tempo di pandemia che, mettendo in ginocchio l’economia italiana, ha costretto tanti a vivere situazioni di indigenza.
Proprio per far fronte a tale emergenza, stamattina la nostra Chiesa diocesana ha beneficiato della carità offerta in 10 quintali di viveri tra olio, pasta e salsa, oltre ad altri beni di prima necessità da parte della Scuola di cavalleria della caserma “Zappalà” di Lecce agli ordini del gen. Angelo Minelli.
A fare gli onori di casa il pastore, mons. Seccia: “È una gioia immensa poter ricevere questo dono che vuole essere l’ennesimo gesto di solidarietà che insieme ai tanti che giornalmente viviamo, fanno della nostra comunità un estuario di amore continuo che si riversa su quanti bussano alla nostra porte”.
Commosso Minelli aggiunge: “Spesso l’esercito viene visto solo come il garante dell’ordine ed è in parte vero, ma sotto una divisa c’è il cuore di uomini e donne che non sono indifferenti a ciò che la nostra nazione, il mondo intero e il nostro territorio stanno vivendo in questa fase di precarietà e che con il nostro piccolo contributo solidale vogliamo cercare di rendere meno faticoso”.
Il tutto si inserisce nel grande filone caritativo che da sempre la nostra arcidiocesi sostenuta dalla Caritas diocesana, dalla Fondazione Casa della Carità e da tutti coloro che si fanno missionari di amore porta avanti per essere vicina a chi vive il dramma della povertà.
“È una gioia grande - dichiara don Nicola Macculi, direttore di Caritas diocesana - vedere la notevole risposta della gente, sempre attenta a fare suoi i bisogni e i disagi di chi è meno fortunato e a condividere il frutto della propria generosità”. (F.A.)