In passato si parlava di "Paesi in via di sviluppo", come se il processo di sviluppo non fosse mai messo in dubbio. Più recentemente, e ancor più ottimisticamente, si è cominciato a parlare di "Paesi emergenti".
Purtroppo, ci sono Paesi che non si sono sviluppati, che non sono emersi. Haiti è un esempio particolarmente doloroso. E l’Afghanistan, per motivi completamente diversi, sta seguendo la stessa strada. Tanto dolorose le situazioni che si può anche parlare di “Paesi sommersi”: chi dalle disgrazie, chi da sistemi opprimenti per il quale oggi la Chiesa ha bisogno di pregare come farà il prossimo 22 agosto. Sommersi dalla povertà, dalle epidemie, dai disastri naturali, dal malgoverno, dalla corruzione e dalla violenza delle “bande armate”, non per ultima quella al quale tutto il mondo sta assistendo, dei talebani.
Questa violenza ha trovato un'espressione spettacolare nell'assassinio del presidente Jovenel Moïse per Haiti e nella fondazione del “governo islamico aperto e inclusivo” ma che tutto sembra eccetto questo, per l’Afghanistan. Ma in realtà regna il terrore su tutte e due le popolazioni. Non si può nemmeno dire che questi Paesi soffrano dell'indifferenza generale. In diverse occasioni, il mondo intero si è concentrato sulla sua sfortunata sorte, soprattutto dopo il terremoto del gennaio 2010 che ha causato la morte di oltre 200mila persone e, per 20 anni, con un’operazione militare occidentale a guida statunitense. Le Chiese cristiane, prima fra tutte quella cattolica, oggi vogliono davvero unirsi in preghiera. Come spezzare le fatalità che stanno distruggendo questi due Paesi? In altre circostanze si direbbe che spettino agli abitanti del posto trovare la strada. Ma le popolazioni sono in uno stato di esaurimento tale che ciò non sembra realistico. Una forma di amministrazione internazionale può essere la soluzione temporanea. Cosa più importante: il sostegno ad Haiti e all’Afghanistan oggi deve essere a lungo termine, non solo durante i periodi in cui le emozioni sono alle stelle o per altri scopi: l’aiuto umanitario è un diritto e un dovere riceverlo e donarlo.
La presidenza della Cei, riunitasi l’altro giorno in sessione straordinaria online, invita, come si diceva, a pregare domenica 22 agosto, in tutte le parrocchie, per la pace in Afghanistan e per le vittime del terremoto di Haiti. Qui il sisma di sabato scorso ha provocato numerosi morti, feriti e ingenti danni materiali. Caritas Italiana si trova nel Paese dal 2010, dopo che un altro grave sisma di magnitudo 7.0 colpì la capitale Port-au-Prince. Da allora è costantemente presente con i propri operatori, sostenendo la Caritas nazionale e le Caritas diocesane e parrocchiali con interventi di emergenza e ricostruzione, ma soprattutto garantendo un accompagnamento volto allo sviluppo di capacità locali. La presidenza della Cei ha deciso di stanziare un milione di euro dai fondi otto per mille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, per far fronte all’emergenza haitiana. La somma servirà a finanziare, attraverso Caritas Italiana, interventi efficaci per rispondere alle numerose nuove necessità.
“Angoscia per la gravissima crisi umanitaria dell’Afghanistan – è la posizione della Cei che prosegue in una nota -: come sempre avviene in queste situazioni, a pagare il prezzo più alto sono i più deboli: gli anziani, le donne e i bambini”. Da qui “l’appello all’Italia e alle Istituzioni europee a fare il possibile per promuovere corridoi sanitari e umanitari”. Quindi il richiamo alle parole del Papa, dopo la preghiera dell’Angelus di domenica scorsa: “Vi chiedo di pregare con me il Dio della pace affinché cessi il frastuono delle armi e le soluzioni possano essere trovate al tavolo del dialogo. Solo così la martoriata popolazione di quel Paese - uomini, donne, anziani e bambini - potrà ritornare alle proprie case, vivere in pace e sicurezza nel pieno rispetto reciproco”.