Con la celebrazione eucaristica presieduta ieri sera dall’arcivescovo Michele Seccia, culminata poi con il solenne rito della discesa della croce, si sono aperti ad Arnesano i consueti festeggiamenti in onore del Crocifisso. Per l’occasione abbiamo incontrato il parroco don Antonio Sozzo.
Don Antonio, dal punto di vista storico, come nasce la festa del Crocifisso?
Al contrario di altre devozioni popolari della nostra terra, le cui origini si perdono in un passato piuttosto nebuloso, per Arnesano siamo invece in grado di stabilire, anche con una certa precisione, gli inizi dell’intenso culto dedicato al Crocifisso. La festa ricorda infatti ciò che avvenne nel 1848. All’epoca il nostro comune altro non era che un piccolo borgo di poco più di 1400 abitanti. Tra il popolo iniziò ad infuriare un terribile morbo, al punto da non esserci famiglia che non fosse stata contagiata. L’arciprete del tempo, don Luigi Briganti, era però un uomo dalla fede profondissima. Fu così che, preso questo meraviglioso crocifisso del XVIII sec., probabilmente custodito allora nel palazzo marchesale, lo trasportò per le vie del paese. Dovunque passasse la santa immagine ecco che l’epidemia regrediva sino a sparire. La cosa è testimoniata anche da diversi documenti custoditi nell’archivio comunale che registrano un crollo dei decessi nei mesi estivi di quell’anno. Si trattò di un evento miracoloso e, già qualche tempo dopo il 1848, si celebrava una festa per tramandare la memoria di quanto avvenuto.
Quali sono i momenti più sentiti della festa?
Innanzitutto è necessario considerare l’evento nel suo insieme. Per gli arnesanesi questi sono di gran lunga i giorni più importanti dell’anno: di fatto l’intera comunità si ritrova riunita ed anche chi di solito non è interessato alla pratica religiosa o sceglie di stare lontano dalla parrocchia avverte però l’importanza di quanto si celebra e non rinuncerebbe mai ad esserci. Credo che ormai sia una questione identitaria: un vero arnesanese non può non amare Gesù Crocifisso, non può non sentirsi vibrare l’anima mentre guarda questa immagine. Poi, è chiaro, come in tutte le celebrazioni popolari esistono dei momenti-simbolo. Nel nostro caso sono quelli della “Discesa della Croce”, che avviene nel primo sabato di luglio, quando il santo Crocifisso lascia la sua ordinaria collocazione per essere traslocato nel presbiterio, lì dove una volta sorgeva l’altare maggiore antico, e della “Risalita”, prevista per la domenica successiva alla festa, durante la quale l’immagine compie invece il tragitto inverso. Un’intensa, sincera e corale testimonianza pubblica di fede è poi l’Inno a Gesù Crocifisso che viene cantato dai bambini nella piazza principale del paese, al termine della processione. È davvero commovente pensare come quell’inno sia stato cantato dai nonni e addirittura dagli antenati di questi nostri ragazzini di oggi. Un giorno sarà cantato anche dai loro figli e nipoti.
Qual è il significato più profondo di questa festa?
Il culto del Crocifisso miracoloso è l’emblema della religiosità arnesanese e, oserei dire, che rende il nostro comune una piccola Gerusalemme, una sorta di Terra Santa dell’arcidiocesi di Lecce. Tuttavia una tale devozione non è solo per Arnesano. In questi giorni fedeli provenienti da diversi paesi della provincia confluiscono nella nostra parrocchia per venerare questa amata immagine. Ci si ritrova insieme, come un unico popolo sotto la croce del Salvatore: dal suo sangue siamo stati redenti, per le sue piaghe siamo stati guariti.
Per le foto portalecce ringrazia:Gabriele Coppola, Gabriele Calcagnile, Alice Vergori e Marco Calabrese