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A tu per tu con Padre Paolo Quaranta, ministro provinciale dei Frati Minori di Lecce, in occasione del suo 25° anniversario di sacerdozio. Nella chiesa di Fulgenzio, a partire da stasera, la sua famiglia, i Frati minori, i parrocchiani e gli amici gli faranno festa e pregheranno per lui (SOTTO IL PROGRAMMA).

 

 

 

Fra Paolo Quaranta, nato il 21 gennaio 1971, ordinato sacerdote il 21 febbraio del 1998 da mons. Cosmo Francesco Ruppi, stesso giorno in cui ha ricevuto il Battesimo. Frate minore sacerdote della Provincia Ofm di Lecce, ha conseguito il baccalaureato in Sacra teologia e un master per formatore alla Vita Consacrata presso la Pontificia Università Salesiana in Roma. Giornalista pubblicista, per otto anni direttore della Rivista “Salento Francescano”. Già vicario episcopale per la vita consacrata della diocesi di Lecce e per la stessa anche cappellano dell’Università del  Salento, ad oggi è ministro provinciale, responsabile delle opere culturali della sua Provincia religiosa, presidente  della  Conferenza dei ministri provinciali d’Italia e Albania. Da non dimenticare “l’altra fede”, quella giallorosssa per la squadra del Lecce. Autore di alcune pubblicazioni.

Gli abbiamo rivolto alcune domande che ci permettono di ripercorrere la sua vita, di comprenderne meglio le dinamiche di scelte importanti, alle quali ha risposto con franchezza e sincerità. Un dialogo che ci fa scoprire meglio la persona, il suo essere frate, la sua fede contagiosa sintetizzata nella frase conclusiva: “È bello essere cristiani!”.

 

25 anni di sacerdozio. Andiamo un po’ più indietro, da quell'incontro che le ha cambiato la vita.

Se guardo indietro scopro come io non abbia una grande storia vocazionale, di quelle ad effetto da raccontare; la mia vocazione è cresciuta nella totale “normalità” di un cammino cristiano nella cui quotidianità, però, ti interroghi davvero. Non mi sono fatto mancare nulla: dallo studio, alla famiglia, alla “comitiva” - si diceva così prima -, allo sport, allo stadio, alla fidanzata, al divertimento… ma… qualcosa non bastava mai! Ed allora… provi, riprovi, cerchi e ricerchi cosa ti rende felice, ti poni domande di senso e l’ultima prova è stata la decisiva. Dal 1990 sono in convento. Non ho un fattore scatenante, un bacio del lebbroso come per Francesco, se non quell’aver udito il Suo passaggio che era nel vento leggero, per dirla con Elia (1 Re 19). Forse posso solo ricordare che una domenica, avevo il biglietto già fatto per la trasferta Pescara-Lecce… ma io feci un ritiro spirituale in Parrocchia. Ecco… era in atto un blackout!

 

Una scelta importante, difficile per un giovane. Quali i suoi punti di riferimento?

Importante e difficile come quella matrimoniale o di qualsiasi impegno nella vita. L’importante è non sentirsi schiacciato dalle proprie scelte. Una scelta deve essere sempre liberante, diversamente non è una scelta che porta alla felicità. A quel punto conviene cambiare! Punti di riferimento ne ho avuti diversi: da i più “alti” come Francesco d’Assisi, ovviamente, il più grande innamorato pazzo di Dio Incarnato, a Giovanni Bosco l’amante dei giovani, a quelli più a portata di mano, come Padre Domenico - mio parroco - che mi ha insegnato la costanza nel servizio, o Fra Ferdinando, umile sagrestano… o don Tonino Bello, che ora tutti riscoprono, ma che per me giovanotto già era un faro con la sua rivoluzione interna in Pax Christi.

 

 

E la sua famiglia come ha reagito alla notizia della sua scelta?

Beh… io feci un “piccolo” sgambetto. In maggio comprammo una casetta per farne studio professionale di mio padre e mio, in ottobre entrai in convento. Come dovevano prenderla? Ma è normale. Come possono delle persone - sebbene di fede ed impegnate come i miei genitori - da subito comprendere una scelta diametralmente diversa dalla loro, quando io invece avevo impegnato anni di discernimento? C’è stato un periodo di… rodaggio, diciamo così. Ma mi sono stati sempre vicini con amore. Piano piano sempre di più. Ciò che lodo in loro è il gran rispetto che hanno riservato alle mie scelte.

 

 

Il cammino francescano e 25 anni di sacerdozio. Guardandosi indietro cosa non rifarebbe?

Probabilmente non sarei più avventato nel buttarmi a capofitto in alcune dinamiche; sono un entusiasta, mi piace lavorare, non tiro mai la gamba indietro, mi piacciono le relazioni personali, ma… 33 anni di convento e 25 di sacerdozio ti insegnano che a volte dovresti pensare di più, rischiare di più, guardare meglio le cose. Oggi comunque ci sono alcune “pazzie” fatte che non è che non rifarei più, ma non avrei più la forza di fare! Son contento di come è andata finora. Alcune cose, forse, mi avrebbero reso più felice, ma… ho avuto tanto dalla Grazia di Dio. Davvero tanto.

 

 

Ministro provinciale: un servizio importante ma non facile. Qual è il suo stile, il suo modus operandi?

Ah ah ah… non ho un modus operandi. Il mio stile è racchiuso nella frase del Vangelo e nell’icona dell’asino che ho scelto per questo venticinquesimo di sacerdozio: “Il Signore ne ha bisogno”. E sono lusingato di questo. Che il buon Dio abbia avuto bisogno addirittura di me. Di una cosa ho sempre assicurato i frati che mi hanno chiesto questo servizio: lo vivo nella fedeltà! Non intesa come “tesserino strisciato” del compitino affidato secondo come il sistema richiede, ma come verità davanti a Dio ed allo specchio, per come sono, per ciò che sono, con le mie difficoltà, la mia fragilità, i miei investimenti, i miei sogni… Ed un’altra cosa che mi sembra di veicolare è la “parresìa”, il parlar chiaro, con franchezza e senza dietrologie. Non servono a nessuno!

 

 

Ad un giovane che vorrebbe iniziare il suo cammino? Cosa consiglierebbe

Ciò che consigliarono a me: piedi di piombo! Sì, perché all’inizio di un’avventura d’amore si vola tre metri sopra il cielo, ma non si è lucidi! Ascoltare la storia, leggere i tempi, ponderare il proprio posto, abbassare il tasso di romanticismo ed innamorarsi veramente! Non aver paura di dire un domani: “ho sbagliato”, per non rimanere intrappolato - lo dicevo prima - dalle proprie scelte, forse poco ponderate. E poi… una sana incoscienza perché l’Amore non lo si calcola col pallottoliere. Coraggio!

 

 

Vale la pena, nel mondo contemporaneo, complesso e rumoroso, scommettere ancora su Francesco d'Assisi?

Se ne vale la pena? Il mio esserne ancora partecipe penso sia la risposta. Certo! Però conosciamolo sto Francesco d’Assisi. Perché se stiamo parlando della versione “fantasy” di Zeffirelli, che si mette ad inseguire rondinelle e formicuzze… forse non vale la pena scommetterci. Gli ambientalisti sanno fare molto meglio. Se parliamo dell’uomo fortemente grato, perdonato, riconciliato, totalmente integrato con la Creazione, pronto a restituire tutto a Dio perché “tutto da Dio viene e tutto a Dio torna”, allora dico di sì! È bello servire il Padre, è bello riconoscersi suoi figli, è bello, nella Chiesa, servirLo nel volto dei fratelli, soprattutto i più piagati e piegati dal dolore. È bello essere cristiani!

 

 

 

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