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Don Biagio Mandorino, responsabile della sezione musica sacra dell'Ufficio liturgico e direttore del coro e dell'orchestra dell' Arcidiocesi di Otranto.

 

 

 

Questa sera (LEGGI) in occasione della visita nel Salento del Ministro generale dei Frati Minori, Fra Massimo Fusarelli, dirigendo il Coro diocesano di Otranto, don Biagio sarà protagonista alle 20 a Lecce nella chiesa parrocchiale - santuario di Sant’Antonio a Fulgenzio dove verrà messo in scena il musical scritto da lui e da don Tiziano Galati, dal titolo “Francesco. Uomo veramente cristianissimo”. La passione per la musica ha sempre accompagnato don Biagio ‘da quando era nel grembo materno’ e da sacerdote si è sempre espressa nella ricerca della bellezza e della trascendenza attraverso note e testi che elevano l'anima. La musica esprime l’ineffabile e l’indicibile, diventa per don Mandorino quel linguaggio universale che permette di creare un ponte tra il divino e l'umano.

 

Don Biagio Mandorino e la passione per la musica? Come è nata?

 

La passione per la musica è nata prima che venissi al mondo. Mia madre mi diceva che quando io ero nel grembo lei cantava, cantava molto così come spesso la sentivo mentre da casalinga faceva le faccende di casa. Non era una cantante, ma una stupenda voce da mezzo soprano da incanto. Sin da piccolo ho avuto attenzione per la musica e per l’arte in genere. Non mi staccavo mai dal mio giradischi e chiedevo in dono dei dischi. Amavo la musica leggera ma anche la musica organistica e… sacra.

 

In che modo la musica può nutrire, esprimere, accompagnare la fede?

La musica è una espressione genuina che, se nasce dal cuore, esprime l’ineffabile e l’indicibile. Porta a galla i sentimenti più profondi, le ricchezze e anche le povertà, racconta gioie e dolori; in questa maniera tutto ciò che c’è dentro diventa musica, compresa la fede che è una relazione con il Signore difficile da esprimere a parole. La musica che nasce dal di dentro e si esprime con le note del canto e degli strumenti nutre questa relazione perché dice amore, esprime la fede perché dice amore, accompagna la fede perché essa è amore.

 

“Dopo otto secoli, San Francesco resta comunque un mistero”, ci dice Papa Francesco, ma il santo d’Assisi ha ancora tanto da dire.  Il debutto dell’opera-musical in cinque atti Francesco. Uomo veramente cristianissimo il 27 dicembre nella cattedrale di Otranto, continua il tour con tappa oggi a Lecce nel santuario di “Sant’Antonio a Fulgenzio”. Un successo previsto?

 

Il successo è successo come per tutte le altre opere che insieme al mio confratello don Tiziano Galati, autore del libretto, e con la grande famiglia del Coro della diocesi di Otranto presentiamo nella cattedrale e poi portiamo nelle chiese e nelle piazze. Diciamo anzitutto che non esiste alcun mistero che debba essere svelato. Né quello di Cristo né quello di Francesco d’Assisi o altri santi. Esiste una scoperta del volto di Gesù Cristo così come dei suoi discepoli da parte di ciascuno. In tutto questo la musica è un grande aiuto. Nell’evangelizzazione come nella Liturgia la musica ha il privilegio di andare oltre il visibile e oltre anche ciò che si ascolta. 

 

Da dove ha tratto l'ispirazione per comporre le musiche per un'opera su Francesco d'Assisi?

Il mondo francescano non mi è stato estraneo sin dalla mia fanciullezza. Ho goduto in famiglia la presenza di un amico francescano di felice memoria. Negli anni del mio percorso di formazione in seminario ho avuto un amico fraterno che dopo il liceo entrò nel postulandato ad Assisi; nei momenti difficili della mia adolescenza ho trovato conforto e guida in altre figure francescane tanto da meritarmi nei primi anni di sacerdozio di godere anche la possibilità di una cella nel convento di Santa Caterina a Galatina lì dove mi ritiravo spesso per trovare pace interiore. Ho respirato aria francescana da sempre. 

 

 

Qual è stato l’approccio creativo nel catturare lo spirito e l'atmosfera della vita di Francesco attraverso la musica?

Appena telefonicamente mi giungeva la proposta da parte di don Tiziano di iniziare questa nuova opera io già scrivevo le prime note sul pentagramma. Ho iniziato con le note della preghiera davanti al crocifisso, “Alto e glorioso Dio”. Prima ancora di ricevere il testo dell’opera avevo fissato ed espresso quelle prime parole sul tema gregoriano del “Puer natus est”… non sapevo ancora che tutto si svelava tra il bimbo in fasce e il Cristo risorto della croce di San Damiano.

 

Ci sono temi specifici o motivi musicali che rappresentano particolari momenti o aspetti della vita del santo?

L’opera è racchiusa nel “Cantico di frate sole”. Potrei dire che essa è una grande contemplazione e meditazione. Siamo partiti proprio dal cuore di Francesco. “Altissimo onnipotente e bon Signore”. Se non si recupera la relazione con Dio non si recupera nessun’ altra relazione né col creato né con gli altri. Di fatti Francesco scopre il “tesoro nascosto” e da lì riparte nuova la sua vita. Non ha bisogno più di nulla. Madonna povertà gli basta perché i suoi occhi possano contemplare realmente il Cristo vivente e la sua carne possa gustare la dolcezza del grande amore che lo renderà per sempre il suo “gonfaloniere”.

 

In che modo ha cercato di catturare l'ambientazione storica attraverso la musica?

Mi sono lasciato guidare dalla fantasia accarezzando temi gregoriani a me cari come “Puer natus”, “Ubi Caritas”, “Crux fidelis”.

 

 

Come è stata la sua collaborazione con il curatore del libretto Tiziano Galati, il Coro e gli altri membri del team durante il processo creativo?

Come ho avuto modo di dire, il nostro rapporto è nato dodici anni fa in occasione della cnonizzazione dei Santi Martiri Idruntini. L’arcivescovo Donato Negro mi invitò a scrivere qualcosa per la circostanza e insieme a Tiziano, che è un biblista, iniziammo questa avventura straordinaria che poi è continuata con altre opere, come “Il Miserciordioso”, scritto per l’Anno giubilare della Misericordia, “Credidimus Charitati” scritto e dedicato a mons. Negro per il XXV di episcopato, “Tibi silentium Laus” per l’anno dedicato a San Giuseppe e altri canti e inni scritti per diverse circostanze. C’è tanto altro nel cassetto e già in pectore. Dietro ogni opera c’è il Coro della diocesi di Otranto che festeggia i suoi 34 anni di servizio stabile alla Chiesa Idruntina, e poi un team formato da maestri del coro, scuola di danza (“Tutti in scena” di Otranto) fonici, sarti, musicisti, fotografi, attori…

 

Ci sono momenti chiave o punti culminanti nell’opera in cui ha inteso focalizzare particolarmente l’attenzione attraverso la musica? Come ha gestito tali momenti per creare una corrispondenza emotiva?

Ho scritto l’opera di getto. Partendo dalla prima pagina del libretto e giungendo all’Amen Alleluja finale. Ogni atto è stata una forte emozione provocata da testi bellissimi. Quando scrivo entro in un altro mondo… tuttavia ho voluto amplificare le emozioni attraverso le immagini impresse in un video che accompagna tutta l’opera e la danza che ne ha esaltato alcuni momenti.

 

La reazione del pubblico?

La reazione del pubblico è sempre carica di entusiasmo. Con queste opere io e Tiziano seminiamo nel cuore di chi ascolta, legge e ammira. Poi il Signore fa il resto.

 

 

Quali sono state le sfide principali nel comporre la musica per personaggio così profondo, dalla “vita inquieta” che ci lascia ancora ‘col fiato sospeso’?

Io scrivo musica così come so fare e come mi sento di fare. So che “Sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro, come diceva Madre Teresa di Calcutta. “È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata”. E so che c’è dietro Lui. Quando finisco di scrivere e di registrare io non so davvero come ho potuto scrivere così.

 

 

A chi ha rivolto il primo pensiero a conclusione della “prima” dell’opera musical Francesco. Un uomo veramente cristianissimo?

Il mio primo pensiero è andato a Padre Francesco Neri, il mio arcivescovo al quale, con don Tiziano, abbiamo dedicato quest’opera. Ringraziato il Signore, l’ho ringraziato per chi mi ha portato in braccio, per chi mi ha insegnato a camminare e chi mi ha indicato la strada. Lo ringrazio per chi mi accompagna sotto braccio e oggi, in primo luogo, c’è lui, l’amato pastore della Chiesa di Otranto che mi vuole paternamente bene.

  

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