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L’ultima tappa del percorso intrapreso in preparazione alla celebrazione ecumenica in occasione del Tempo del creato che si svolgerà il prossimo 10 ottobre presso il monastero delle Clarisse di Lecce intende concentrarsi sul tema della custodia del creato analizzato unicamente secondo la spiritualità clariana e dunque secondo la sensibilità femminile.

Affermano le sorelle povere di Santa Chiara: “Un ultimo aspetto che in questo nostro percorso non è stato ancora sviluppato riguarda il contributo che, a nostro parere, la spiritualità femminile, e nello specifico clariana, può dare all’impegno di custodia del creato. Nella Vita Prima di Tommaso da Celano, riguardo alle Povere Dame di San Damiano, è scritto: ‘[…] Il giglio della verginità e della castità effonde su tutte loro il suo meraviglioso, tanto che, dimentiche dei pensieri terreni, desiderano soltanto meditare le realtà celesti. […] Esse sono così fedeli al ‘titolo’ della santissima povertà che a stento accondiscendono alle necessità più urgenti del vitto e delle vesti’”.

Castità e povertà: due dei voti alla cui osservanza sono tenute tutte le clarisse dal giorno della loro professione religiosa. Due dimensioni, afferenti in particolare ma non soltanto all’universo religioso femminile, che in realtà ineriscono in modo particolare il creato e la sua custodia, sottolinea la comunità delle clarisse: “Cos’è infatti la povertà se non un fare spazio all’essenziale, un vivere senza nulla di proprio in modo tale da vincere la logica mondana del possesso ed instaurare l’evangelica legge del dono? Come ogni donna così anche noi consacrate facciamo spazio in noi non per accogliere una nuova vita a livello biologico ma nel senso spirituale ed antropologico del termine. Vivere senza nulla di proprio significa vivere di ciò che ci viene donato. Ciò che ci viene offerto è dunque anche il creato ed i suoi frutti. La povertà clariana risulta allora essere occasione di riconoscimento dei doni di Dio. Tutto infatti è Provvidenza e come tale deve essere trattato”.

Così si salvaguarda pure la biodiversità. Sembra proprio che, nelle espressioni delle sorelle del monastero clariano leccese, ci sia l’eco delle parole dei vescovi italiani nel Messaggio per la 14° Giornata per la custodia del creato: “Che fare allora? La stessa Laudato Sì ricorda che ‘siamo chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre, perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e risponda al suo progetto di pace bellezza e pienezza’ (n.53): siamo chiamati, dunque, a convertirci, facendoci custodi della terra e della biodiversità che la abita”.

Non è solo però la povertà ad essere il cardine dell’esperienza di vita consacrata ed ecologica. L’altro importante termine è la verginità: “La scelta di noi consorelle di Santa Chiara di custodire la verginità non è antitetica alla scelta di donare al mondo nuove vite umane. La verginità scelta per il Regno de Cieli è scelta di maggiore fecondità e maternità. La nostra corporeità è sì tutta per il Signore, lo Sposo delle vergini, ma ora è anche maggiormente coinvolta nel servizio al prossimo che è povero, solo, bisognoso di ascolto e di attenzione. Essa non è assolutamente svalutata ma colmata di senso nuovo, vero, autentico”. Quale però l’accezione ‘ecologica’ della verginità consacrata? La riposta clariana non si fa attendere: “È anche nella verginità - affermano le sorelle - il segreto per una svolta ecologica ed antropologica riguardo la custodia della creazione. La creazione è feconda, bella, variegata nella misura in cui la si custodisce e non la si ‘consuma’. Essa se non sfruttata o violentata è, in qualche modo, vergine, specchio della casta bellezza di Cristo. Come la nostra castità non è, come potrebbe sembrare agli occhi del mondo, uno spreco ma espressione della volontà di custodire integra la propria corporeità solo per Lui così anche la custodia della verginità del creato è indice di interesse per le future generazioni. Custodire la creazione, non stuprarla, non sfruttarla, rispettare i suoi tempi - così come la donna rispetta i propri tempi per ciò che concerne la procreazione - significa vivere la verginità ‘ecologica’ che rende feconda la terra”. Ci si potrebbe però chiedere se e come è possibile oggi nel nostro tempo vivere tali dimensioni così apparentemente tanto anacronistiche: “È ovvio che non si tratta di far vivere a tutti la vita monastica ma piuttosto di vivere il significato, il senso più profondo della povertà e castità nella personale e differente esperienza di vita”. Quale dunque il suggerimento della comunità del monastero “Ss. Francesco e Chiara” di Lecce? “Oltre alla competenza degli addetti ai lavori, occorre che ognuno di noi coltivi un cuore povero e casto nelle relazioni umane ed interpersonali, con Dio e finalmente con tutto il creato”. Per esso come già detto si pregherà, sulla sua custodia si rifletterà a livello ecumenico il 10 ottobre nel monastero clariano leccese.

 

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