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 Sabato scorso, presso il Centro dei Padri Comboniani di Cavallino, Padre Gianni Capaccioni e il medico radiologo Antonio Carriero hanno ricordato, con una commossa celebrazione ed un intenso momento di riflessione, Suor Carmelina Maglio, una religiosa salentina che lo scorso 21 maggio ha concluso la sua straordinaria missione terrena in Italia ed in Madagascar.

 

 

 

Molteplici le sue esperienze di una vita dedicata alla fondazione e gestione di un lebbrosario e di servizio ai poveri ed emarginati.

Insieme con la sua intensa fede e carità, è interessante cogliere la sua grande capacità di cooperare con gli altri. Se tanta gente l’ha accompagnata per oltre trent’anni con l’affetto, la preghiera e il sostegno economico e se medici da Torino, Orbassano, Lecce e pure dal Belgio, unitamente a volontari salentini sono andati ad offrire appoggio solidale e collaborazione sanitaria e scientifica, probabilmente è anche perché ella vissuto molto la carità missionaria nello spirito di condivisione. Come si evince da alcuni suoi scritti, inviati negli ultimi quattro decenni.

Ecco alcuni stralci che riferiscono la sua grande capacità di interagire con gli altri: “La Comunità ha provveduto alla mia formazione come infermiera… Dopo aver studiato la lingua del luogo, fui destinata in dispensario come aiuto di una signorina laica volontaria, che tanto mi ha insegnato… Per grazia di Dio, l’aiuto delle consorelle è stato indispensabile per capirli e amarli... Per fortuna il coraggio, l’esperienza e l’amore della superiora mi sono stati indispensabili… I primi tempi non sapevo come comportarmi, per la paura di toccarli, ho dovuto lottare con me stessa… per ben otto anni sono stata coordinata dalla superiora che aveva ben 15 anni di esperienza, ora da diversi anni sono la responsabile aiutata da una suora malgascia”, riferiva, palesando la sua gratitudine ed intima apertura alla cooperazione.

È logico, poi che dal capoluogo piemontese alcuni medici di Torino, con la loro équipe scientifica, 2-3 volte l’anno siano andati a fare volontariato per un mese. E che Suor Carmelina potesse presentare il progetto del Lebbrosario (con centro ospedaliero e numerose casette per le famiglie dei lebbrosi bisognosi di un paio di anni di cure) e scrivere: “Il governo ci seguiva con attenzione benevola e apprezzamento…”. Mentre non rallentava il suo impegno: “Alle ventitre, sono andata a portare in ospedale un’ammalata con appendicite perforata percorrendo anche di notte 300 chilometri”.

L’organizzazione diveniva sempre più consistente e qualificata: “Ora l’opera è completa. Vi sono alcune suore italiane, cinque malgasce, un’infermiera professionale che ha studiato da strumentista e anestesista nella capitale; abbiamo pure formato giovani infermiere. Oggi le responsabilità sono loro”, riferiva commossa, dovendo lasciare il lebbrosario, per ritornare in Italia ormai in cura con dialisi.

Proprio nello spirito dell’autentico servizio: andare, costruire, donare e tornare semplicemente con un cuore ricco di amore.

 

Forum Famiglie Puglia