“Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere suo ospite: ‘Ben venga, mia sorella morte!’. Si rivolse poi al medico: ‘Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!’”.
Descrive così il primo biografo di San Francesco d’Assisi, Tommaso da Celano, nella Vita Seconda del Santo, gli ultimi momenti di vita dell’Assisiate. Al sopraggiungere della fine della sua vita terrena il Santo di Assisi dimostra di non temerla ma anzi esprime con il canto la lode a Dio per il suo essere parte dell’esistenza dell’uomo perché essa, grazie alla redenzione di Cristo, si è trasfigurata nella “porta della vita”.
É proprio l’ingresso nella vita eterna di Francesco che tutta la Chiesa, ed in particolare le famiglie francescane, si apprestano a celebrare sabato 3 e domenica 4 ottobre.
Anche a Lecce, le sorelle Clarisse del monastero “Santi Francesco e Chiara” di Via Adriatica si stringeranno insieme a coloro che lo desidereranno intorno a colui che Santa Chiara, nel suo testamento, definisce “colonna e nostra unica consolazione dopo Dio”, per celebrarne il Beato Transito la sera del 3 ottobre alle 18.30 con la celebrazione dei primi vespri della festa presieduti da don Maurizio Ciccarese, parroco della parrocchia “Cuore Immacolato di Maria” nel cui territorio insiste il monastero clariano leccese, e la mattina del 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi, con la celebrazione eucaristica festiva alle 9.30. Concludono le celebrazioni festive i secondi vespri, la sera alle 19.
Ancora una volta allora le figlie di Santa Chiara, che si definiva ‘pianticella di frate Francesco’, celebreranno con gioia e autenticità la festa di un uomo piccolo di statura ma grande nell’amore a Cristo e nella sua imitazione.
Ancora una volta l’invito che Francesco intese nel cuore sostando in preghiera dinanzi al Crocifisso di San Damiano: “Va’, ripara la mia casa che è in rovina”, sarà fatto proprio con rinnovato vigore dalla comunità clariana impegnata com’è con l’incessante preghiera e con le opere nell’opera di riparazione dei cuori e delle vite fragili di tanti uomini e donne che ad esse fanno riferimento e che comunque abitano in ogni parte del mondo.