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Sarà a Lecce il prossimo martedì 27 novembre e alle 19 terrà un incontro dal titolo “Insieme per un mondo diverso - nella comunità dei Missionari Comboniani di Cavallino sulla via per Maglie. Ma chi è padre Alex Zanotelli?

In cammino sulle strade dell’Africa, padre Alex vent’anni fa inviava una lettera dalle baraccopoli di Nairobi e citando il poeta e mistico indiano Tagore scriveva: “sono un camminatore. Un mattino sono uscito che era ancora buio, ancora prima del canto degli uccelli …”. 

Gli scritti di quattordici anni di vita in baraccopoli sono stati definiti un inno alla vita. “E non mi stanco - continua padre Alex - è incredibile come ti purifica e ti alleggerisce questo continuo essere per strada… E come ti aiuta a cogliere l’essenziale: la grandezza di ogni persona, di ogni volto. Ora capisco quel Cristo sempre sulla strada dell’uomo”.

Ha studiato teologia per otto lunghi anni negli Stati Uniti accostando i migliori biblisti e teologi e da lì si è diretto sulle vie di Daniele Comboni, in quell’Africa che rapirà il suo cuore. Il Sudan, di cultura araba e nilotica, lo ha accolto per sette anni di piena immersione nel mondo degli oppressi, dei profughi, degli impoveriti e dei perseguitati per motivi religiosi ed etnici.

La missione, di ritorno in Italia, lo ha portato a Lecce per quattro anni di servizio a questa chiesa e società. Soprattutto i giovani, nella seconda metà degli anni settanta, lo hanno avuto amico e compagno di viaggio nel periodo di rinnovamento biblico e missionario del post concilio.

Fu chiamato, nel 1978 a dirigere “Nigrizia”, il mensile sui fatti e problemi del mondo nero, dei Missionari Comboniani. I temi scottanti gli hanno procurato accuse e processi da parte dei politici e della chiesa d’allora. Ma non si poteva non parlare del commercio delle armi e non denunciare gli interessi dell'Italia e dei paesi occidentali nelle guerre africane; e come sorvolare sui modelli di collaborazione allo sviluppo, spesso gestiti  in modo affaristico e lottizzato?.

L’apartheid in Sudafrica continuò a inquietarlo e lo spinse ad appoggiare iniziative politiche e ecumeniche, assieme al vescovo anglicano Desmond Tutu, sino alle pubbliche preghiere per la caduta di un governo ingiusto. Ma il camminatore continuò il viaggio da vero missionario e questa volta ancora per le baraccopoli di Nairobi abitate dai più poveri dei poveri. “Ho scelto di andare a Korogocho – scrive il missionario - per scendere effettivamente con i poveri, condividere con loro la sofferenza. Il 13 gennaio 1990 con lo zaino sulle spalle, ho avuto la sensazione di fare la discesa agli inferi di Gesù. Fare missione per me significa essere presenti con piccole fraternità alle frontiere della sofferenza umana. Ecco il cuore della missione”. Tornato in Italia dopo 12 anni a Korogocho ora abita al quartiere Sanità di Napoli.

 

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