La perdita della libertà fisica, a cui agogna ogni essere umano, insieme a quella di pensiero, è una condizione senza dubbio dolorosa a cui non si pensa mai di potere imbattersi.
A causa di incidenti di percorso, a volte banali, a volte inspiegabili, a volte accaduti fatalmente oppure previsti o messi in conto -dipende dallo stile di vita, dalle frequentazioni, dalle inclinazioni verso il rischio, eccetera eccetera -, capita di non trovarsi più in quello stato di autonomia che sembrava naturalmente posseduto come un dato anagrafico. Capita in mille modi, insomma, di perdere la libertà. Per non avere saputo mantenerla nel suo giusto equilibrio.
A dirla in questo modo sembra semplice. Viene il dubbio - che ingenuità! - che non è così, semplicemente scorrendo le decine e decine di definizioni coniate in proposito, da tempo immemorabile e in quello odierno, da filosofi, scrittori, poeti, prosatori, cantautori di tutto il mondo, oltre che uomini di chiesa e tanti altri. I quali hanno cercato di concettualizzarla nelle loro frasi o nei loro componimenti, trasferendovi sensazioni che, tuttavia, scaturiscono dal sentirsi liberi.
Chi vive nella condizione di non avere più la propria libertà, forse troverà sollievo leggendo le riflessioni di chi le ha elaborate, ma certo non può condividere una situazione che toglie il sorriso perché condizionata da regole che esigono rispetto assoluto di un regolamento. Quello vigente non tra amici al bar, ma in una Casa Circondariale. In questo caso di Lecce.
Negli ambienti che la connotano non si verificano miracoli o trasmutazioni improvvise degli accadimenti umani che sottostanno ad un corso esclusivamente di natura giurisprudenziale. Tutt’al più, da parte dei detenuti/e può verificarsi un ripensamento, una riflessione, un ravvedimento quale risultato di un’introspezione lenta, incessante, impercettibile…voluta, cercata, giunta talvolta come una folgorazione. Forse tutto aiuta a lenire uno stato costante di disperazione o, viceversa, di rassegnazione.
Tra le mura di un carcere non vi sono terapie salvifiche che cadono dal cielo. Un rimedio però vi circola, anche se non lo ha prescritto il medico né si trova in commercio. Da almeno sei anni ne fanno uso le detenute. Qual è? Un programma di attività che possono seguire grazie alla appassionata partecipazione dei volontari che, superando l’iniziale atteggiamento di diffidenza condita con una buona manciata di indifferenza, hanno saputo ricevere ascolto, attenzione, dialogo e partecipazione a diversi progetti di scrittura, lettura, poesia e musica. Basti dire che lo scorso anno il gruppo delle detenute della Casa Circondariale di Lecce ha ottenuto il primo premio e due secondi primi premi per varie sezioni, tra cui una di poesia visiva avendo partecipato ad un concorso nazionale. Di più. Una delle loro storie ha ispirato un cortometraggio “Mani Tese”, realizzato da un progetto scritto da Ornella Curci e la collaborazione Maria Antonietta Quarta, per la regia di Valeria Marrella che, per un bando di concorso bandito a livello nazionale, ha ricevuto il 1° premio.
Artefice della sorprendente mutazione è la già citata Ornella Cucci - con i volontari del Laboratorio musicale - che da più di quarant’anni si dedica al volontariato in vari ambiti, raggiungendo con le detenute della Circondariale di Lecce, una sintonia insolita e ineguagliabile tanto da giungere a scambiarsi gesti colmi di tenerezza e di reciproche premure. Un risultato profondamente sperato!
Lunedì prossimo, 10 giugno, avverrà il coronamento del progetto musicale il cui titolo Evasione corale apre questo contributo: le detenute si esibiranno in una performance canora interpretando brani di Mannoia, Gaber, Bocelli, Jovanotti, Califano, Battisti, Al Bano, tutti inerenti o inneggianti la libertà. A imprimere all’evento la meritata ufficialità vi sarà quest’ultimo, graditissimo ospite, il quale ha ben accolto l’invito, senza però svelare null’altro. Non rimane che applaudire idealmente alla meritoria iniziativa ed alla serata, resa possibile, naturalmente, grazie alla favorevole disponibilità della direzione della Casa Circondariale. Ci si augura che non rimanga l’unica opportunità che infonde alle partecipanti principali uno spirito di riscatto.