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Nel panorama delle rivendicazioni manifestate pubblicamente in alcuni centri del Salento dalle operaie del tabacco, un cenno particolare merita lo sciopero avvenuto a Tiggiano il 25 gennaio 1961.

 

 

Un evento che divenne eclatante e unico nel suo genere perché durò un mese circa, grazie alla resistenza delle tabacchine e dell’intero paese, un piccolo centro a un tiro di schioppo da Alessano (della cui contea in passato faceva parte), alquanto desolato, privo di servizi di prima necessità come l’acqua corrente.

Tutto partì dalla consapevolezza e la determinazione delle migliaia di operaie di dovere protestare contro il provvedimento che l’amministrazione della fabbrica di tabacco, di proprietà dell’avv. Mario De Francesco, marito della baronessa Maria Serafini Sauli, pensava di effettuare: concentrare le diverse fabbriche di tabacco, situate nei paesi del Capo di Leuca, in un unico opificio a Tricase. Qui, tra l’altro, avrebbe impiegato poche operaie, sovraccaricandole disumanamente di lavoro per 10-11 ore al giorno, anziché assicurare lavoro alle 250 circa operaie, di cui si serviva da svariati anni, raggiungendo due obiettivi: ridurre i costi della manodopera e aumentare i propri ricavi.

La notizia provocò agitazione nell’intero paese. Successe di tutto, oltre allo sciopero accaddero scene di guerriglia urbana, intimidazioni, contingenti militari pronti a sparare sulle dimostranti fino a quando il 19 febbraio, dopo un mese circa di sciopero, venne siglato un accordo - tra i funzionari dell’Ufficio del Lavoro e il presidente provinciale delle Acli -, il quale prevedeva la riassunzione di tutte le tabacchine (247), anche di quelle licenziate negli anni precedenti, e che l’amministrazione della fabbrica fosse seguita da un funzionario del Monopolio di Stato.

L’accordo si rivelò una pantomima e lo sciopero una protesta sprecata perché la fabbrica da Tiggiano fu trasferita a Tricase nel 1971 e la maggior parte delle operaie fu licenziata.

Il peggio fu che non ebbero fine le diseguaglianze e lo sfruttamento delle lavoratrici e neppure le parole di circostanza e di falsa autogratificazione, pronunciate dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e/o patronali le quali, in questa circostanza, anziché trovarsi a fianco delle lavoratrici, si misero di traverso a queste creando ostacoli e difficoltà.

 

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