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Se la preghiera è intrattenersi con Dio come con un amico (S. Teresa d’Avila), allora le parole, nella preghiera, sono importanti. LEGGI

 

 

Esse infatti sono nostre creature, perché nascono dai nostri sentimenti, ma sono anche nostre madri, perché in qualche modo ci plasmano, modellano i nostri pensieri e sentimenti.

La Sacra Scrittura ci insegna a pregare con le parole. Soprattutto i Salmi ci prestano le parole per pregare in ogni circostanza. Gli autori sacri hanno pregato nella gioia e nell’angoscia, nella persecuzione e nella prosperità. Per questo le loro parole possono aiutarci a esprimere i sentimenti più alti e quelli più oscuri, quando bussano alla porta del nostro cuore.

In certi salmi troviamo anche espressioni dure contro i nemici: di primo acchito, possono scandalizzarci, eppure esse sono lì a testimoniare che le parole possono rendere inoffensivi i sentimenti più cattivi e incanalarli in modo che non nuocciano ad alcuno.

È risaputo che pregare non è recitare delle formule. Tuttavia la preghiera vocale è la forma di preghiera più sicura e sempre possibile. I sentimenti vanno e vengono, le grazie sono imprevedibili, la preghiera del cuore è misteriosa. La preghiera vocale, invece, è sempre disponibile.

Ai discepoli attratti dal suo esempio, Gesù insegna una preghiera vocale, il Padre nostro: essa contiene le domande più importanti che un figlio possa rivolgere al Padre che lo consoce nell’intimo e sa di che cosa ha bisogno.

È commovente l’esempio di tanti anziani che recitano le preghiere che hanno imparato da bambini, per rimanere fedeli al dovere della preghiera. Alla preghiera vocale si può restare sempre fedeli: è come aggrapparsi a una corda, in qualunque circostanza.

Un grande esempio di preghiera vocale è quello che ci insegna un’antica opera di spiritualità, intitolata Racconti di un pellegrino russo. Il protagonista è un pellegrino che attraversa l'Ucraina e la Russia portando con sé solo pane secco e la Bibbia. Partecipando ad una celebrazione eucaristica resta molto colpito dall'esortazione di san Paolo a pregare incessantemente (1 Tes 5,17) e si mette alla ricerca di chi gli insegni come fare a vivere la vita di ogni giorno e contemporaneamente avere la propria mente continuamente rivolta a Dio in preghiera. Incontra, infine, uno starec che gli insegna la cosiddetta preghiera di Gesù o preghiera del cuore, che consiste nella ripetizione incessante, secondo il ritmo del respiro, della formula Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore, una frase adattata dal Vangelo (Lc 18,13). Quando poco dopo il santo monaco muore lasciandogli il proprio rosario, il pellegrino riprende il viaggio completando il proprio bagaglio con l'acquisto di una copia consunta della Filocalia, il libro che insegna l'esicasmo. Il pellegrino ha ripetuto solo questa preghiera, ogni momento: alla fine essa è diventata parte del suo respiro.

Concludendo, dobbiamo stare attenti a disprezzare la preghiera vocale, come se fosse una preghiera minore: essa è in realtà la preghiera dei semplici, di coloro a cui il Padre si compiace di rivelarsi. Le parole che pronunciamo ci prendono per mano, risvegliano sentimenti di cui avevamo smarrito la memoria, ci portano verso l’esperienza di Dio, indirizzano a Dio le domande che Lui vuole ascoltare. (continua)

 

 

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