Sui social spopolano, come ogni anno, i video che ironizzano sull’ansia da programmazione delle feste, natalizie prima e di fine anno poi. Il consumo che stanca se stesso, e crea lo spiraglio per altro.
Tuttavia, non necessariamente l’alternativa a un’artificiosa frenesia o a una commensalità coatta è starsene da soli a guardare fuori dalla finestra, oppure andando a dormire (cosa, comunque, molto difficile a Capodanno). Attingendo al senso profondo che la sapienza della fede e la liturgia ci offrono, possiamo provare a vivere una fine d’anno che sia ricca di bellezza e di significato insieme alle persone che amiamo.
Da circa quindici anni, ad esempio, la proposta che faccio ai gruppi di giovani che si avvicendano nella mia parrocchia è la seguente: ci siamo ritrovati ne tardo pomeriggio di ieri 31 dicembre, armati di una penna e un quaderno, o qualche foglio - e senza il cellulare! Quindi ognuno si è preso un tempo cospicuo, di un paio di orette, per fare il bilancio dell’anno che si è concluso.
È stata come una registrata ai bulloni: bisognava tirare le somme, e guardare con interesse, sincerità, accettazione e obiettività a quanto è stato fatto lungo l’intero anno appena terminato. Una specie di esame di coscienza e di riconoscenza ipertrofico: riguardava non le singole ore scandite nel giorno, ma i mesi scanditi nell’anno e, entro i mesi, eventi, passaggi, crisi, successi, sconfitte, cose e persone, lavori e informazioni, grazie e peccati, ecc. che sono avvenute.
Un anno è tanto, ma è anche fugace, perché siamo noi che siamo fugaci. Non dobbiamo permettere che scivoli nell’oblio.
Di ogni mese, abbiamo fatto due colonne “positivo” e “negativo”, che sono state riempite con quanto è successo, con quello che si è fatto, con quello che si è ottenuto… Terminato l’elenco, ci siamo chiesti: nel mio anno ci sono state più cose positive o negative? Quelle negative hanno la stessa portata, lo stesso peso, di quelle positive? Di più? Di meno? Che sensazioni sto provando, nello stilare il bilancio dell’anno passato? “Gli anni della nostra vita sono settanta/ottanta per i più robusti, e il loro agitarsi è fatica e delusione; passano presto e noi voliamo via” (Salmo 90, 10).
Forse queste considerazioni ci aiuteranno a capire quanto è decisivo ogni giorno, ogni momento – ma il lavoro non è ancora finito. Di tutto il materiale che si sarà scritto, è bene sottolineare e “raccogliere” in una nuova sezione tutto quello che può nutrire la memoria grata: le persone che ho conosciuto, con cui si è instaurata una relazione positiva; i doni che ho ricevuto; le mete che ho raggiunto; le crisi che ho superato. E di tutto questo, ringraziare di cuore Dio, che anche in quest’anno ci ha donato tanto.
Poi abbiamo cenato tutti insieme: una cena bella, festosa, ma non troppo lunga perché dopo cena è iniziata la condivisione, in cui ognuno ha reso gli altri partecipi dei doni ricevuti da Dio nell’anno. Abbiamo finito cantando il Te Deum proprio a mezzanotte. Poi, certo, ci siamo affacciati a vedere i fuochi e fare un brindisi, ma i veri colori vividi li avevamo fatti già esplodere nel cuore, divenendo tutti partecipi della gioia e della gratitudine di tutti. Se dai quindici anni tantissimi giovani accorrono per vivere il Capodanno così, un motivo ci sarà.