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Un uomo "ricco di fede e di umanità", aperto al dialogo e dotato di un'innata positività nei riguardi della vita e delle sue circostanze. 

 

 

Qualità che insieme a "saggezza e dinamismo" realizzarono la visione di Papa Giovanni Paolo II per una rifondazione della Pontificia Accademia di Teologia dove venisse posto al centro l'interscambio tra teologia e filosofia. Così il card. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, ha ricordato il card. Angelo Amato, prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, scomparso martedì scorso all'età di 86 anni. Alla messa esequiale che si è tenuta presso l'Altare della Cattedra della basilica di San Pietro nel pomeriggio di ieri, si è unito Papa Francesco per presiedere il rito dell’Ultima Commendatio, l’ultima raccomandazione a Dio perché accolga l’anima del defunto nella comunione dei santi, e della Valedictio, il commiato, ossia l’ultimo saluto prima della sepoltura.

Nell'omelia il decano del Collegio cardinalizio ha ripercorso la vita del porporato, nato a Molfetta nel 1938 da una famiglia di costruttori navali. Una carriera messa da parte per entrare, affascinato dalla figura di don Bosco, nell’aspirandato salesiano di Torre Annunziata. Dopo la prima professione religiosa e l'ordinazione sacerdotale, Amato ha diviso i suoi studi tra Roma e l'Università di Salonicco, in Grecia. Decano di Cristologia presso la Facoltà Teologica della Pontificia Università Salesiana, di cui diventerà vice rettore nel 1997, nel suo stile di insegnamento - ha ricordato il card. Re - vi erano parallelismi tra cristologia e mariologia, dettati da una particolare devozione per la Madonna, della quale il porporato "parlava volentieri".

L'impegno accademico lo rende il profilo scelto da Giovanni Paolo II per la "rifondazione" della Pontificia Accademia di Teologia del 1999, nominandolo segretario. Anche in questo frangente, il decano del Collegio cardinalizio ha sottolineato la capacità di Amato di far dialogare tra loro discipline di diversa estrazione. "Sufficit gratia mea" è il motto episcopale scelto, al quale egli, ha ricordato Re, rimane "fedele nel suo operare" specialmente negli ultimi anni della sua vita, "segnati dalla sofferenza". Nominato da Benedetto XVI prefetto della Congregazione per le cause dei santi nel luglio 2008, è lo stesso Ratzinger a crearlo cardinale nel 2010.

"Amato si distingueva per la grande preparazione teologica e la saldezza di dottrina", ha affermato il card. Re. Qualità rese al servizio del prossimo attraverso pubblicazioni, conferenze ed incontri culturali che egli era "generoso nell'accettare". La sua "genuina spiritualità" esercitata alla stregua di don Bosco suscitava poi "stima e simpatia" in chi lo conosceva. "Per il credente la morte è un passaggio da un’esistenza di dolore e di prove alla vita piena e duratura della felicità di Dio", la rassicurazione offerta da Re, evidenziando come in questa prospettiva non vi può "essere posto che per la speranza". La stessa, "piena di immortalità", professata durante il suo pellegrinaggio terreno da Amato.

 

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