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Portalecce rilancia volentieri un articolo redatto dal vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, dal titolo “Cristianesimo “tragico” e granitiche certezze”, apparso lunedì 30 dicembre 2024 su “Nuovo Quotidiano di Puglia”.

 

 

 

In una recente intervista, pubblicata sul “Corriere della sera”, Massimo Cacciari, rispondendo alla domanda sul valore e il significato del Giubileo, ha messo in rilevo la situazione “tragica” in cui si troverebbe il cristianesimo nel nostro tempo. Il problema, a suo giudizio, non è la secolarizzazione, ma la scristianizzazione. Essa consiste «nel fatto che non si ascoltano più le parole di Gesù». E «malgrado non si siano mai davvero incarnate, se non in figure straordinarie come Francesco d’Assisi, almeno chiamavano». Insomma, prima c’era la disponibilità ad ascoltare. Ora, invece, è cresciuta la sordità soprattutto da parte della politica a tal punto che essa «fa esattamente l’opposto e non se ne vergogna neanche più». Da qui la dimensione tragica del cristianesimo, resa evidente dall’azione degli ultimi pontefici. 

La breve intervista contiene molti aspetti. Il giudizio è sostanzialmente vero e condivisibile. Lo testimoniano le numerose analisi sociali e anche i documenti ecclesiali. Ci sono, però, delle puntualizzazioni da fare. Ridurre tutto a san Francesco, dimenticando tutte le altre forme di santità, mi sembra un’eccessiva semplificazione. Quanto poi alla disponibilità all’ascolto, a me sembra che nemmeno Gesù, durante sua vita pubblica, fu molto ascoltato e che anche san Francesco fu “snobbato” dai suoi stessi frati! Che dire poi di papa Benedetto XV e del suo grido di dolore contro “l’inutile strage” o la contrarietà di san Giovanni Paolo II contro la guerra nel golfo Persico? La lista del non-ascolto è lunga quanto tutta la storia della Chiesa. La verità è che il Vangelo è una “parola divina” che chiede una conversione continua, un processo che non si conclude mai e, forse, molto spesso nemmeno ha inizio. 

Bisogna, poi, considerare che il confronto da parte della Chiesa con la modernità è stato lungo, difficile e complesso; per certi versi, è ancora in atto. In questi ultimi secoli, la Chiesa ha dovuto affrontare grandi sfide: la questione sociale (Leone XIII), la crisi provocata dal modernismo (San Pio X), l’«inutile strage» (Benedetto XV), il dramma epocale della Shoah (Pio XII). Dal Concilio Vaticano II al Sinodo (cioè da San Giovanni XXIII a Papa Francesco), la Chiesa ha vissuto, e sta ancora vivendo, un lungo processo di discernimento sulla sua specifica identità e sulle giuste risposte da offrire al mondo moderno nella consapevolezza, come ha affermato Benedetto XVI, che «in questi decenni è avanzata una “desertificazione” spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, al tempo del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. È il vuoto che si è diffuso»1

In questo confronto, la Chiesa ha compiuto uno sforzo titanico che è ancora in atto, senza poter prevedere gli esiti futuri. Una cosa è certa: la missione di chi fa l’analisi sociale e culturale è ben differente da quella di chi ha il compito di guidare la Chiesa. Nel primo caso si tratta solo di comprendere la realtà, nel secondo caso di trovare le soluzioni e di attuarle!

Ci sarebbe, poi, da domandarsi se l’evanescenza del cristianesimo riguardi il mondo occidentale o si riferisca al cristianesimo tout court. Su questo punto, il pensiero di Cacciari non è chiaro. Se la sua visione fosse riferita alla cultura occidentale si potrebbe obiettare che il cristianesimo è nato nel mondo semitico e, se è stato anche la linfa vitale dell’Occidente, tuttavia non si identifica con esso. Nel frattempo, infatti, si è diffuso in altre culture (Asia, Africa). Si può così legittimamente pensare che, come è avvenuto in passato, il cristianesimo potrebbe scomparire in Occidente, ma rifiorire in altri paesi. 

Se, invece, Cacciari si riferisce al cristianesimo nel suo insieme si dovrebbe cercare di comprendere i motivi per cui si è giunti a questa situazione di evanescenza e di indifferenza. La stanchezza della fede, in fondo, è analoga e non è molto dissimile dalla stanchezza che dilaga nella società e nella cultura contemporanea, non esclusa la filosofia! D’altra parte, secondo Peter Handke, la stanchezza potrebbe avere anche un effetto benefico2. Un’altra causa potrebbe consistere nella difficoltà da parte della Chiesa a trovare la giusta sintonia con i cambiamenti storici e culturali. Si potrebbe, inoltre, avanzare l’ipotesi che il rifiuto sia radicale e irreversibile e che, di conseguenza, il cristianesimo sia prossimo a scomparire del tutto dalla faccia della terra.

A questo punto, bisogna rilevare che l’analisi di Massimo Cacciari nasconde una non tanto segreta “nostalgia rivoluzionaria” secondo la quale il Regno debba accadere nel tempo presente. Le orecchie debbano ascoltare veramente la Parola e osservarla; le parole debbano diventare carne, e la fede generare una prassi imbevuta di opere evangeliche. Nel Nuovo Testamento, invece, si prospetta una tensione tra il già e il non ancora. L’ansia escatologica e, per certi versi, apocalittica, non è a senso unico. La parabola del grano e della zizzania (cfr. Mt 13, 24-30; 36-43) sottolinea che c’è un tempo di attesa, nel quale i due semi devono crescere insieme, intrecciando le loro radici.

In altri termini, nel Nuovo Testamento ci sono tre prospettive escatologiche: l’escatologia presenziale, imminente e futura. Ma c‘è di più. Gesù stesso pone la domanda decisiva: «Quando il Figlio dell’uomo verrà troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). La domanda è enigmatica e la risposta è problematica. Tuttavia, qualunque sia l’interpretazione, sembra impossibile dare la risposta in anticipo. Bisogna attendere che l’evento escatologico accada. Allora si vedrà se si è conservato almeno un “resto” o se tutto si è dileguato definitivamente. Quello che fin d’ora sappiamo con granitica certezza è che «la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,5). 

 

 

1 Benedetto XVI, Omelia nella Messa per l’apertura dell’anno della fede, Piazza San Pietro, Giovedì, 11 ottobre 2012.

2 Cfr. P. Handke, Saggio sulla stanchezza, tr. it E. Picco, Garzanti Molano 1991.Il saggio è citato in B.-C. Han, La società della stanchezza, Nottetempo, Milano 2020, pp. 65-74.

 

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