Un nuovo e straordinario evento si sta celebrando in questi giorni nella Papale Basilica di San Pietro in Vaticano: l’ostensione dell’antica Cattedra di Pietro. Si tratta di un’antica reliquia racchiusa nella monumentale opera di Gian Lorenzo Bernini collocata nell’abside della basilica, dietro l’altare della Confessione.
L’ostensione della Cattedra, in preparazione al grande evento giubilare, inaugurata ieri 27 ottobre si chiuderà il prossimo 8 dicembre. Per l’occasione è stato pubblicato un volume, curato dalla Basilica di San Pietro, dal titolo La Cattedra dell’amore. Da Pietro a Francesco nel Giubileo della speranza, che offre delle interessanti riflessioni di storia, arte e spiritualità legate al simbolo del primato petrino.
Particolarmente appassionante è il contributo di mons. Maurizio Barba, coadiutore del Capitolo di San Pietro, che riflette sulla storia della devozione legata al seggio petrino e al significato spirituale che nel corso dei secoli si è andato sviluppando. Ne riproduciamo qui il testo perché possa essere di aiuto spirituale a tutti coloro che, sebbene impediti dal poter partecipare personalmente e direttamente a tale ostensione, riconoscono in Pietro e nei suoi Successori il visibile fondamento dell’unità della Chiesa.
Colui che entra nella Basilica di San Pietro è fortemente attratto dalla maestosità delle dimensioni, dalla magnificenza architettonica della struttura, dalla solennità degli spazi, dalla bellezza delle opere monumentali.
Percorrendo la navata della Basilica, dove trionfano arte e spiritualità, il visitatore o pellegrino è immerso in secoli di storia, di arte e di fede, trasportato in epoche di genialità artistica e potenza spirituale. Nel suo interno, ogni angolo, ogni scultura, ogni affresco racconta una storia di popolare devozione, di attraente bellezza, di maestria artistica, di significato religioso.
Nel centro dell’abside campeggia imponente la Cattedra di San Pietro, opera bronzea di Gian Lorenzo Bernini, un gigantesco reliquiario che incornicia un’antica sedia episcopale in legno che la tradizione vuole sia appartenuta al Principe degli Apostoli.
Nella sua accezione letterale, la “cattedra” è il seggio fisso del Vescovo, posto nella chiesa madre di una Diocesi, denominata per questo chiesa “cattedrale”, mentre nel suo valore simbolico è segno dell’autorità del Vescovo e, in particolare, del suo “magistero”, cioè dell’insegnamento evangelico che egli, in quanto successore degli Apostoli, è chiamato a custodire e trasmettere alla comunità cristiana. Quando il Vescovo prende possesso della Chiesa particolare che gli è stata affidata, egli, portando la mitra e il bastone pastorale, si siede sulla cattedra, dalla quale guiderà, come maestro e pastore, il cammino dei fedeli, nella fede, nella speranza e nella carità.
All’interno della Basilica di San Pietro in Vaticano, l’antico seggio episcopale, ritenuto del Principe degli Apostoli, giace da secoli racchiuso nella maestosa struttura barocca del Bernini, circondato da sculture e decorazioni artistiche, divenuto luogo di venerazione e oggetto di devozione per i fedeli che visitano la Basilica.
Questo antico trono di legno è stato a lungo venerato come reliquia. Infatti, il culto verso la “Cattedra” si è sviluppato a partire dalla fine del XII secolo ed ha avuto un notevole incremento nel XVI secolo, periodo in cui si accresceva sempre di più il fenomeno generale di ricerca e di culto delle reliquie dei Santi senza alcun discernimento della loro origine. Le solenni esposizioni della Cattedra per la festa del 22 febbraio, davanti al coro dei canonici, suscitavano nei fedeli un incremento devozionale così che essi potevano non solo vedere la non comune reliquia, ma addirittura anche toccarla con le loro mani. Era un culto popolare che poco conservava della funzione attribuita al capo degli Apostoli e della Chiesa. San Pietro era considerato come un Santo potente più di altri Santi, alla cui intercessione si ricorreva toccando la sua Cattedra.
Quella verso la Cattedra apparve da subito una devozione popolare localizzata a Roma e strettamente connessa ai romani, che avevano la possibilità ogni anno, il 22 febbraio, di poterla ammirare e venerare con devozione. Per il pellegrino straniero la Cattedra, che rimaneva collocata in alto sopra l’altare e poi in seguito occultata alla vista perché incastonata nel monumento berniniano, era una curiosità più che un oggetto di culto, un elemento di attrazione artistica più che di devozione religiosa. Essa era venerata perché ritenuta appartenente a San Pietro e da lui utilizzata.
Con il tempo, l’autenticità storica di questa reliquia, a motivo specialmente della forte accentuazione del suo potere taumaturgico, fu fortemente messa in discussione, ricevendo un primo giudizio critico e storico da Giovanni Calvino nel suo trattato sulle reliquie pubblicato a Ginevra nel 1543. Egli fondava la sua tesi sulla impossibilità che San Pietro avesse usato un trono per l’ufficio chiamato a svolgere. Un ufficio costituito unicamente sul ministero della parola. Nel condannare l’uso del trono episcopale, che a lui sembrava come simbolo della fastosità dei vescovi e del loro atteggiamento autoritario di fronte ai fedeli, il riformatore ginevrino era convinto che l’ufficio degli apostoli e dei loro successori era quello di insegnare, consolare ed esortare in pubblico e in privato, e di dare un esempio di vera umiltà al loro gregge.
Nondimeno, la devozione popolare verso la Cattedra e le manifestazioni religiose verso di essa durante le esposizioni non diminuirono, ma si accentuarono nella seconda metà del ‘500, dopo l’istituzione della seconda festa del 18 gennaio. E tale devozione mantenne il suo peso nei secoli successivi, nonostante i periodi in cui la Cattedra fu custodita in altri luoghi della Basilica e occultata alla vista dei fedeli.
Oltre a essere un oggetto di alto valore artistico, essa incarna la storia viva della fede cristiana che si estende dal passato al presente e offre una connessione tangibile con la tradizione apostolica. Per tutti i credenti la Cattedra rappresenta il simbolo del ministero petrino, di quell’autorità conferita da Gesù al pescatore di Galilea: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18).
La storia della devozione attribuita al seggio petrino testimonia che si tratta di una tradizione molto antica, attestata a Roma fin dal secolo IV, con la quale intere generazioni hanno reso grazie a Dio per la missione affidata all’apostolo Pietro e ai suoi successori. Quell’imponente seggio vuoto sta a raffigurare la presenza permanente dell’Apostolo che, mediante i suoi successori, continua ad essere l’autorevole punto di riferimento per l’autenticità della fede e l’unità di tutte le Chiese.
I Papi del XX secolo hanno più volte richiamato il valore della Cattedra non solo nella sua espressione materiale ma anche in quella simbolica.
In uno dei suoi discorsi alle rappresentanze del Sacro Collegio, della Curia Romana e del Clero di Roma, San Giovanni XXIII, così si espresse parlando della Cattedra: «Oh! la Cattedra apostolica di San Pietro: quale espressione della grande famiglia umana, dei cui membri tutta la Chiesa si compone. Da qualunque località amiate scorgerla, da Gerusalemme, da Antiochia, da Roma, su questa Cattedra batte in pieno la luce, che si riverbera dalle parole rivolte da Gesù – teste S. Matteo – alla persona di Pietro, in una pagina fra le più belle e toccanti del Nuovo Testamento: Super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam ...: et tibi dabo claves regni caelorum» (22 febbraio 1962).
Nel chiedersi a cosa serve il culto della Cattedra di San Pietro, San Paolo VI così spiegava il 22 febbraio 1967: «Il primo pensiero corre alla Cattedra materiale, cioè alle reliquie del seggio sul quale l’Apostolo si sarebbe seduto per presiedere all’assemblea dei Fedeli, perché sempre in tutte le comunità cristiane il seggio episcopale era tenuto in grande onore. Si chiama ancor oggi cattedrale la chiesa dove il Vescovo risiede e governa. […] Il grandioso e celebre monumento di bronzo, eretto per ordine di Papa Urbano VIII, ad opera del Bernini, nell’abside di questa Basilica, si chiama “l’altare della Cattedra”, il quale, a prescindere dai cimeli archeologici ivi contenuti, vuole onorare principalmente il loro significato: vuole cioè riferirsi a ciò che dalla Cattedra è simboleggiato, la potestà pastorale e magistrale di colui che occupò la Cattedra stessa, considerata piuttosto nella sua origine costitutiva e nella sua tradizione ecclesiastica, che non nella sua entità materiale».
Benedetto XVI, inoltre, parlando della Cattedra ha voluto sottolineare l’universalità del ministero petrino e il suo valore spirituale: «La cattedra del Vescovo di Roma rappresenta, pertanto, non solo il suo servizio alla comunità romana, ma la sua missione di guida dell’intero Popolo di Dio. Celebrare la “Cattedra” di Pietro, come facciamo oggi, significa, perciò, attribuire ad essa un forte significato spirituale e riconoscervi un segno privilegiato dell’amore di Dio, Pastore buono ed eterno, che vuole radunare l’intera sua Chiesa e guidarla sulla via della salvezza» (22 febbraio 2006).
Nella sua valenza simbolica, la Cathedra Petri, mentre richiama il valore dell’ufficio petrino, fondato sulla professione di fede dell’Apostolo Pietro, su cui poggia stabilmente l’edificio della Chiesa di Cristo, assicura ad ogni credente di trovare in Pietro e nei suoi Successori il fondamento sicuro e solido al quale rimanere ancorati e che nessuna potenza potrà mai distruggere, nella certezza che Ubi Petrus, ibi Ecclesia, dove c’è Pietro, c’è la Chiesa (Sant’ Ambrogio).
Per questo il Vescovo di Roma siede sulla Cattedra per dare testimonianza di Cristo, attraverso il Magistero, la guida e la carità. Roma è la Chiesa che “presiede nella carità tutte le Chiese”: ce lo ha ricordato Papa Francesco il giorno della sua elezione. In più occasioni, poi, ha ricordato che la sede del Vescovo di Roma è la Chiesa «che non si siede sul vano orgoglio di sé, ma sul coraggio quotidiano della condiscendenza - ossia dell’abbassamento - del suo Maestro. La vera autorità della Chiesa di Roma è la carità di Cristo, non ce n’è un’altra. Questa è la sola forza che la rende universale e credibile per gli uomini e il mondo; questa è il cuore della sua verità, che non erige muri di divisione e di esclusione, ma si fa ponte che costruisce la comunione e richiama all’unità del genere umano; questa è la sua segreta potenza, che alimenta la sua tenace speranza, invincibile nonostante le momentanee sconfitte» (25 giugno 2015).
Presiedere nella carità! Si tratta di una dimensione fondamentale ed essenziale che si è realizzata fin dai primi secoli. Sulle facciate laterali del sedile del monumento berniniano alla raffigurazione dell’episodio della Consegna delle chiavi (Mt 16,13-19) si contrappone quello della Lavanda dei piedi (Gv 13, 1-20), a significare che il “primato” di Pietro e dei suoi Successori risiede fondamentalmente nel “servizio” e nella “carità” verso i fratelli.
La Didascalia Apostolorum, composta nel III secolo in Siria, trasmette in tal senso un’eloquente esortazione per coloro che sono chiamati a presiedere le Chiese particolari: «Se mentre sei seduto qualcuno dovesse entrare, sia esso un uomo o una donna, una persona investita di un qualche onore del mondo e proveniente dallo stesso distretto oppure da un'altra comunità, tu, o vescovo, se stai parlando, ascoltando o leggendo la parola di Dio, non devi inchinarti davanti a lui. Non devi sospendere il ministero della Parola per trovare un posto per lui; resta dove sei, indisturbato, e non interrompere quello che stai dicendo; saranno i fratelli a prendersi cura di lui... Se invece dovesse entrare un povero, sia esso uomo o donna, di quel luogo o di un'altra comunità, soprattutto se esso è anziano e non c'è posto per lui, allora tu, o vescovo, con tutto il tuo cuore dovrai provvedere che si trovi un posto per lui, anche qualora tu dovessi sederti per terra» (Didascalia Apostolorum II, 58, 4-6).
L'ostensione in San Pietro (foto di mons. Maurizio Barba)