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Giuseppe Zimbalo nacque, in Lecce, il 1620 da Sigismondo, il figlio di Francesco Antonio, a quel tempo attivo in importanti imprese di scultura lasciate in Santa Croce (altare di San Francesco di Paola, 1614) ed al Gesù (altare di Sant’Irene, poi della Vergine del Buon Consiglio) e fece i suoi primi passi in opere plastiche che, per conto dei Paladini - uno dei quali, Belisario, lo aveva tenuto a battesimo - lasciò nelle chiese delle Carmelitane Scalze e di Santa Teresa, nella quale ultima si conserva l’autografo sull’altare della santa (Gioseppe Ximalo csopiva).

 

 

 

Incoraggiato dal vescovo Luigi Pappacoda, ne attuò l’immodesto piano di costruire un’area ecclesiastica nella morbida arenaria che piegò ad assumere bizzarrie decorative nelle quali espresse la sua predilezione per ispidi, acuti e taglienti profili.

Questo speciale linguaggio ornamentale coinvolse i prospetti della ricostruita cattedrale (1658-1670), il campanile (1682), le chiese di Santa Teresa, di Sant’Anna (1684), di Sant’Angelo (1663) e di San Giovanni Battista (1691-1710), allineate le prime due con l’ultima, lungo l’arteria che collega Porta Rudiae al cortile del vescovado, e rapidamente si diffuse, anche per l’apporto delle maestranze, prime, tra tutte, quelle dei fratelli Trevisi da Campi, Agostino ed Oronzo, di Francesco Manuli e di Marco Antonio Fiorentino da Corigliano d’Otranto, e di Placido Buffelli, attivo anche in Nardò, nell’ampia provincia nella quale il suo consulto era desiderato e ricercato, come rivelano gli episodi di Carmiano, di Martignano, di Galatone, di Melpignano e di Gallipoli.

Segnalatosi come incontestato caposcuola di una corrente di gusto così tipico ed esclusivo che la città di Lecce avvertì di non potersene privare, assunse vari incarichi di prestigio.

Non si sottrasse neppure a lavori da esperire in collaborazione, come l’altare di Sant’Oronzo realizzato (1671) per l’università in cattedrale unitamente ad un architetto di Salò, Giovanni Andrea Larducci, cui dopo il 1685 subentrò nel completamento del campanile della parrocchiale di Maglie.

Fu, presso la chiesa di San Giovanni Battista, il suo estremo lavoro e l’ultimo cantiere della sua carriera professionale ed in quella chiesa volle che il suo corpo trovasse sepoltura, il che avvenne il 1710, quando il patriarca dell’arte barocca di Lecce aveva raggiunto la bella età di novant’anni.          

 

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