A distanza di molti decenni, in uno slargo del quartiere leccese denominato “Giravolte” per le sue vie tortuose, in alcuni giorni si sentono suoni come di legni accostati, di ingranaggi non metallici che seguono una cadenza ritmica.
Si erano completamente perduti, cancellati dall’incalzare del progresso, dalla frenesia dei ritmi di vita contemporanea che chiede di correre e, quindi, capi che si lavano al volo e magari non si stirano.
I suoni provengono dall’azione dei telai tradizionali, quelli “a pedali”, realizzati con legno d’olivo, dalla sagoma robusta. Quasi ogni casa ne possedeva uno perché tutti i tipi di panni e le stoffe per confezionare tovagliati, lenzuola, asciugamani, scialli o i capi dell’abbigliamento maschile e femminile o altro di cui si necessitava, si tessevano al telaio.
Il rinnovato funzionamento dei suoi ingranaggi lo si deve a una spinta, altrettanto rinnovata, verso il fai-da-te? Al momento attuale che sostiene il ritorno della competenza artigiana? All’incentivazione verso il fare con le proprie mani, da intendere come medicina contro alcune malattie dell’anima? Chissà! Ogni ipotesi può essere giusta o tutte insieme.
Se posto in questi termini, l’argomento non è del tutto nuovo. Qualcuno ricorderà che intorno al 2010, a New York pullulavano le scuole di maglia e uncinetto; il neo chic era indossare il golf fatto a mano e tutto ciò che era fatto manualmente era considerato fantastico. Si consigliava poi di imparare ad aggiustare più che a gettare. La straordinarietà di questa “corrente” di pensiero consisteva nella rivalutazione dell’homo faber, non si comprometteva l’ambiente perché si riduceva la produzione di rifiuti tossici, si educava ad un consumo frugale e si proponeva il ritorno alla concretezza del fare, che appartiene naturalmente all’uomo.
Un’altra, diversa interpretazione toccava il cuore: evidenziava la consapevolezza che finiva un mestiere, con esso la sapienza delle mani…e si cercava di salvare l’uno e l’altra.
Questo preambolo, apparentemente prolisso ma utile, induce a parlare di un laboratorio di tessitura a telaio situato in ambienti ricadenti a Lecce nel complesso monumentale dell’ex Conservatorio di Sant’Anna, frequentato da 18 donne che vi seguono un apposito corso, coordinato da Annalisa Surace che da oltre vent’anni si occupa di tessitura con il suo brand ‘IJO design’.
Il principale compito del corso, se non l’unico, è quello di apprendere la tecnica che permette di realizzare tessuti con motivi a fiocco: una sorta di ricamo eseguito a punto pieno. Si ottiene facendo passare sulla trama, il filo di lana o di cotone, avvolgendolo su di un ferro dal diametro differente a seconda del rialzo che si vuole ottenere; una volta completato il “rigo”, si sfila e il filo rimane alzato, dando risalto al disegno.
Ieri come oggi la maestria consiste nell’accostamento dei colori che, nei fiocchi tradizionali, traevano ispirazione dal cielo, dalla campagna, dal mare salentino e si ottenevano adoperando elementi vegetali (mallo del noce, corteccia di melagrana, finocchio, ortica, ecc.).
Gli obiettivi che si vogliono raggiungere sono molteplici; tra i principali vi è la valorizzazione delle competenze artigianali e delle realtà imprenditoriali del settore già operanti sul territorio salentino; la riqualificazione del citato fiocco leccese; la reinterpretazione dei manufatti - comprendendo anche la creazione di complementi d’arredo - svincolandoli dalla tradizione e, non ultima, la possibilità che il corso sia frequentato da donne disoccupate, immigrate, vittime di violenza. La partecipazione, pertanto, è una forma di riscatto da un disagio, da una situazione spiacevole di vita privata e può rappresentare un rimedio per una futura integrazione economica.
Capofila del progetto “Texil Design Social Lab - Mani che si intrecciano” è Mediterranea, associazione per lo sviluppo locale, sostenuto dal Bando artigiano promosso da Fondazione con il Sud, in collaborazione con Oma (Osservatorio dei mestieri d’arte) Firenze, oltre a dodici partner: Antico atelier srl, Aps Camera a sud, i comuni di Casarano, Gallipoli e Lecce, Donne insieme onlus, la Fondazione Its Regionale della Puglia per l’industria dell’ospitalità e del turismo allargato, IJO Design di Annalisa Surace, PmItalia Lecce, The Qube e l’Università del Salento.