La luce da sempre è un simbolo che ricorre nella religione cristiana, e dal punto di vista liturgico fa riferimento direttamente alla figura di Dio. Fin dai tempi remoti, la luce veniva indicata come l'arma per proteggersi dalle minacce delle tenebre, e nell'immaginario collettivo, è simbolo ancestrale di vita, amore, e verità.
In antico, nei paesi cristiani l’uso delle “luminarie”, ossia l’utilizzo di candele, lucerne e lampade, era ristretto all’interno delle chiese e dei luoghi di culto, ma con il passare dei secoli il loro uso passò all’esterno delle stesse.
In Italia le luminarie pubbliche diventarono d’uso comune a partire dal 1500 in poi, allorquando i nobili del luogo ostentavano le loro ricchezze con vere e proprie gare, con lo scopo di competere e dimostrare gli uni agl’altri di superarsi per sfarzo e lusso, organizzando giostre, tornei, e addobbando le strade cittadine con i lumi e le lanterne d’ogni foggia e grandezza.
La Chiesa, dal canto suo, in occasione delle solenni cerimonie, celebrava i sacri riti con la massima “pompa “ (allestimento solenne e fastoso), e al termine delle celebrazioni liturgiche i cittadini uscivano dalle chiese felici e gioiosi per continuare i festeggiamenti riversandosi per le piazze e per le strade cittadine, accompagnati dai suoni delle bande musicali, dai canti popolari, e dalle esibizioni di saltimbanchi e giocolieri di strada, il tutto contornato in una splendida cornice arricchita da sfarzose luminarie.
Chiaramente i numerosi lumi, le torce con tele catramate, le lanterne e lampioni dalle differenti grandezze erano rigorosamente alimentate con olio lampante o a grasso animale.
Per rendere più ricca la decorazione della festa, venivano costruite impalcature con pali in legno ed archi a "parature" a cui erano appesi bicchieri in vetro contenenti l'olio con lo stoppino, i quali venivano accesi ad uno ad uno.
Le luminarie oggi, come allora, sono il simbolo identificativo (il clichè) del nostro meridione d’Italia. Ancora oggi, le numerose ditte specializzate nell’arte delle luminarie, riproducono con maestria, come un tempo disegni legati a motivi religiosi, con tipici elementi decorativi, e con i numerosissimi punti luce dai variopinti colori, che adornano facciate di chiese e le strade, e così tutto e inevitabilmente si trasforma in una atmosfera magica e spensierata.
Alcuni antichi scrittori del passato nei loro scritti scrivevano di grandi feste con grandi luminarie, “la festa dei lumi”, nelle quali si solenizzava una festa religiosa o pagana.
Altri invece scrivevano: “… le grandi luminarie, come falò di lumi, arricchiti da lanternoni che diventano arte del disegno, con quei lumi che nascosti in fogli colorati adornano finestre e facciate di edifici in occasione di pubbliche solennità… …la festa di lumi nella quale si adoperano lanterne e lampioni accesi notte tempo in occasione di pubblica allegrezza o per solennizzare qualche festa religiosa”.
A reminiscenza delle grandi feste sacre e profane, le luminarie erano chiamate anche “festa notturna” perché le ore buie venivano rallegrate da moltissimi lumicini appesi in aria da un filo di ferro o rigorosamente attaccati ai pali di legno colorati a strisce e adornati da svolazzanti bandierine dai tanti colori.
Dopo tanti secoli dall’uso l’olio lampante, della cera (candele steariche) o del grasso animale, che alimentavano gli stoppini “moccoli”, agli inizi del 900, con le nuove scoperte tecnologiche, le allegre e variopinte luminarie cittadine, vennero alimentate con tante piccole bombole al “carburo” o “acetilene” che, in assenza dello stoppino, accendevano piccole fiammelle dalla lucentezza abbagliante.
La reazione del carburo di calcio con l'acqua che genera l’acetilene fu scoperta nel 1862 da Friedrich Wöhler. La lampada ad acetilene è composta da due contenitori sovrapposti, in quello inferiore è contenuto il carburo di calcio, in quello superiore l'acqua. L'acqua, attraverso un foro (regolato da una vite), precipita a gocce sul carburo innescando la reazione chimica che genera l'acetilene. Quest'ultimo attraverso un condotto che attraversava il contenitore dell'acqua, indirizzava il gas verso l’alto, alimentando le fiammelle presenti sul palo delle luminarie.
Per far funzionare l’illuminazione (carburo-acetilene), l’acqua il più delle volte veniva fornita dalle famiglie delle vicine abitazioni, sulle pareti delle quali venivano montati i pali che reggevano le luminarie alle quali erano stati montati i pali in legno che reggevano le luminarie. Una partecipazione alla festa che inorgogliva le persone chiamate a contribuire alla riuscita della stessa. Finchè la grande scoperta di fine 800 rivoluzionò l’intero sistema globale.
L’avvento della corrente elettrica e delle lampadine a incandescenza con luce ‘calda’, hanno reso più facile l’allestimento delle luminarie pubbliche.
Tuttavia, oggi, al centro del nuovo modo di pensare le luminarie, c’è di fatto l’idea di eco sostenibilità e, accanto al legno utilizzato per le strutture, si è affiancato l’uso della lampada di ultima generazione, quella a led. Lampade che con l’utilizzo dei computer hanno cambiato completamente le antiche luminarie. E’ doveroso ricordare che l’utilizzo dei led ha abbattuto notevolmente il consumo di energia di circa il 90%.
Inoltre, grazie all’utilizzo dell’informatica e dei programmi in 3D, è stato possibile realizzare progetti grafici di alta qualità artistica, con l’ingegno di bravi e fantasiosi designer italiani. E nel momento fatidico dell’accensione delle luminarie, tutti con gli occhi all’insù, -grazie agli apparati elettronici- migliaia di luci a led si accendono anche a tempo di musica in uno spettacolo di luci, unico nel suo genere. Tecnologia e arte conseguono così, sempre di più, grande successo nelle feste delle nostre città e presso numerosi committenti di mezzo mondo, il successo del (made in Itlaly).
Per concludere questa bella storia del nostro Meridione d’Italia, ricca e viva da sempre di tradizione, folklore, arte e cultura, vorrei menzionare che in questo Anno Giubilare Oronziano, lo scorso 25 agosto, in occasione delle festività di Sant’Oronzo Vescovo, Patrono di Turi e primo martire di Lecce, il Cardinale Angelo Amato, pugliese doc, Prefetto della Congregazione dei Santi, presente dall’alto della illuminatissima “cassarmonica” allestita in piazza Silvio Orlandi, prima di iniziare il suo discorso di saluto, ammirando estasiato via XX Settembre addobbata con le spettacolari luminarie, alla folla presente presente ha esclamato: “…oggi a Turi vedendo queste straordinarie luminarie mi sembra di stare nel paradiso in terra”.