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C’è anche il riconoscimento delle virtù eroiche per il Servo di Dio Vincenzo Maria Morelli tra i decreti che Papa Francesco ha autorizzato ieri ricevendo in udienza il Prefetto per la Congregazione dei Santi, il card. Angelo Becciu.

 

A darne notizia è la Sala stampa della Santa Sede, specificando che durante l’udienza, il Santo Padre ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare i decreti riguardanti trentatré testimoni della fede. Tra questi anche il leccese Vincenzo Maria Morelli dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini, arcivescovo di Otranto, nato a Lecce il 25 aprile 1741 e morto a Sternatia il 22 agosto 1812 e per il quale la causa di beatificazione è stata introdotta già nel 1835.

Come si legge in un’antica pagellina devozionale, Vincenzo Maria Morelli, “educato alla pietà e alle lettere, entrò adolescente” nel convento dei Teatini di Lecce annesso alla chiesa di Sant’Irene e vi professò il 27 aprile 1757. “Dotato di straordinaria scienza progredì non meno in ogni virtù, soprattutto nello spirito di umiltà, di povertà e di carità”. Ordinato sacerdote nel 1764, fu trasferito a Napoli per insegnare filosofia e matematica. Qui fu maestro dei novizi per 17 anni e dei professi teatini e insegnò anche sacra scrittura.

Nel 1792 Pio VI lo nominò arcivescovo di Otranto che all’epoca era sede vacante da dieci anni nonostante fosse all’epoca la più importante diocesi salentina. Qui per vent’anni esercitò il ministero pastorale, curò la formazione del clero, promosse il decoro della liturgia e l’istruzione religiosa dei fedeli.

Pio VII - scrive Daniele Bolognini su santiebeati.it - lo nominò anche vicario della diocesi di Lecce per appianare alcune discordie nate in seno al clero. Nello stesso anno ci fu l'occupazione francese di tutto il regno… Vincenzo Maria fu imprigionato in una stanza del palazzo vescovile. Innumerevoli gli oltraggi alla popolazione, non furono risparmiate neanche le chiese. I vescovi vennero invitati a sottomettersi al nuovo governo prestando giuramento. Mons. Morelli, rifiutando, invitò tutti i vescovi a fare altrettanto. Solo quattro presuli capirono la gravità della situazione firmando una lettera di protesta che fu poi portata a Napoli proprio da Vincenzo. Venne arrestato e detenuto per tre anni con la sola compagnia di un crocifisso. Non fermarono però il suo pensiero, continuò a indirizzare accorate lettere alla sua gente. I carcerieri restarono ammirati dal suo comportamento e dalla sua dignità”.
“Tornò ad Otranto definitivamente debilitato nel fisico – conclude Bolognini -, soffrendo di idropisia e quasi cieco. Iniziò ugualmente una visita pastorale e un corso di esercizi spirituali al clero, dovette però obbedire ai medici che gli imposero il riposo. Il marchese Gianafei lo volle ospite del suo palazzo di Sternatia, seguì un miglioramento solo apparente. Di edificazione a quanti lo visitarono, morì il 22 agosto 1812. Volevano seppellirlo nella parrocchia del paese ma era giusto che tornasse nella sua cattedrale. Quella carrozza che non usò quasi mai in vita non fu necessaria per trasportarne il feretro, fu portato a spalla lungo i 12 km che separano Sternatia da Otranto”.

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