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Sant’Ippazio non appare sul calendario liturgico benché nel Martirologio Romano sia inserito il 14 novembre; le notizie biografiche poi sono scarne ed incerte.

Pare che il suo culto fu portato nell’Italia meridionale dai monaci basiliani e che la Chiesa bizantina lo celebrava in date diverse: il 14 e 15 novembre ed il 18 e 19 gennaio.

Il santo è patrono di Tiggiano dove si continua a riconoscergli il protettorato dell’ernia inguinale che, nel lessico dialettale, si denomina cugghia. Per questo singolare patrocinio, gli abitanti di Tiggiano, venivano canzonati da quelli dei paesi limitrofi così:

Li parienti te Santu Pati                          I parenti di Sant’Ippazio

ci struppiati e ci malati;                          chi è storpio e chi è malato;

unu nci nd’era buneddhru:                      uno ce n’era alquanto sano:

tenia la cugghia te nnu stuppieddhru*.   aveva un pene quanto uno stoppello.

*Lu stuppieddhru, lo stoppello, era un’antica misura di capacità per solidi (legumi, granaglie, farina, etc.), corrispondente all’ottava parte di un tomolo, circa sette litri.

Santu Pati o Paticugghia, come viene chiamato popolarmente, riceve le invocazioni per una pronta guarigione da chi ha non soltanto una fastidiosa ernia all’inguine, ma accusa pure problemi ai testicoli, da chi si ritiene superdotato o, al contrario, soffre di impotenza sessuale.

Nella parlata popolare si registrano alcune locuzioni che, sotto una velata minaccia, alludono alla capacità di qualcuno di debilitare gli organi sessuali dell’avversario e vengono pronunciate prima di una rissa come: statte ccortu ca te mandu a Santu Pati, stai attento che ti mando a Sant’Ippazio; te dàu nna càusce ca te mandu a Santu Pati, ti do un calcio che ti mando a Sant’Ippazio; una frase allusiva, rivolta a qualcuno di poca o nulla virilità, non ultimo il proprio marito, era questa: quai ‘nci ole Santu Pati, qui ci vuole Sant’Ippazio.

I contadini di Tiggiano, unendo l’aspetto sacro-devozionale a quello profano, hanno trovato una sintesi raffigurativa in un prodotto che coltivano in abbondanza: le pastinache la cui forma fallica allude in modo evidente all’organo sessuale maschile.

Non soltanto. Da decenni organizzano la fiera de le pestanache te Santu Pati, delle pastinache di Sant’Ippazio, e  per completare il quadro allegorico, qualcuno aggiunge le sciscele, giuggiole.

Il comportamento della Chiesa? Dinanzi ai foltissimi pellegrinaggi quel che conta è il fervore religioso dei partecipanti; il resto è tacitamente acconsentito e pienamente assolto, in assenza di assoluta malafede.

Le carote in questione, di colore giallo-viola, alquanto lunghe e carnose, sono molto apprezzate crude, per il gusto dolcissimo e la polpa tenera, oltre che cotte, introdotte in numerosissime ricette.    

Un proverbio meteorologico ricorda che te Santu Pati: o chiuviti o nivicati, di Sant’Ippazio o pioggia o neve.

 

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