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A partire dal Rinascimento San Giuseppe iniziò ad essere raffigurato in maniera assorta mentre studia le pagine di un libro. Come nacque questa singolare iconografia?

 

 

Forse l’origine di tale tòpos figurativo è da ricercare negli scritti di Giovanni Crisostomo in cui spesso l’artigiano nazareno viene definito “filosofo”. A dire il vero, già il personaggio di Cristo era stato immaginato, dalla primitiva arte cristiana, nelle vesti di un grande sapiente. Nel mondo classico infatti, il filosofo era il maestro per antonomasia. Insegnava l’essenziale, a ben vivere e a ben morire, ad essere insomma uomo in maniera retta. Così, fin dal III sec., la figura di Gesù assunse i tipici tratti del filosofo che recava con sé il rotolo (o il libro) del Vangelo e teneva in mano il bastone da viandante. Elemento, quest’ultimo, dal profondo valore simbolico, tipico del maestro ormai incamminato e capace di guidare i suoi discepoli lungo il sentiero della vera sapienza.

Non è un caso allora se Crisostomo, una delle colonne del pensiero patristico orientale, attribuisce anche a Giuseppe le medesime caratteristiche. E lo fa commentando uno dei momenti più drammatici che videro protagonista il nostro santo: la scoperta, narrata da Matteo, dell’inattesa gravidanza di Maria. Secondo Crisostomo, in quella vicenda, il falegname galileo si comportò davvero come un uomo giusto e saggio. Egli si atteneva, con scrupolo, all’osservanza della legge ebraica ma rifletteva su queste prescrizioni non solo per evitare di trasgredirle ma addirittura per superarle: “Giuseppe non voleva punire la sposa ma neppure denunciarla. Sapete quanto grave sia il male della gelosia. Malgrado ciò, egli era così libero da tale malattia dell’anima che non volle causare alcuna pena alla Vergine. Siccome la legge non gli permetteva di tenerla con sé e accusarla equivaleva ad una condanna a morte, pensò solo di dimetterla. In questa situazione complessa venne l’angelo a togliere ogni ansietà”.

Ma Giuseppe da dove attingeva questa sua eccelsa sapienza nel valutare gli eventi? Dalla meditazione sui testi sacri. Crisostomo ama definire il nostro santo anche “scrutatore delle Scritture” e gli attribuisce una profonda conoscenza dei libri biblici. Del resto l’angelo, apparendogli in sogno, lo rimanda alla solenne profezia di Isaia e certo non lo avrebbe fatto se il carpentiere di Nazareth non fosse stata una persona che coltivava un’autentica familiarità con gli oracoli dei profeti e, in generale, con la Parola di Dio. Giuseppe insomma era un uomo col cuore e la mente aperti all’intelligenza delle Scritture. Quello che, ad esempio, i discepoli di Emmaus non avevano, almeno sino a quando il Risorto non lo concesse loro. Possiamo dunque immaginare lo sposo della Vergine accanto ai celebri filosofi dell’epoca antica, come Socrate o Platone? Crisostomo ne sarebbe felice. Dopo tutto, come ai giudei erano state concesse la legge ed i profeti in vista della venuta del Messia, così la filosofia e la cultura classica hanno, in un certo senso, preparato il mondo greco-romano ad accogliere la diffusione dell’annuncio evangelico. Ragion per cui, sebbene il particolare del libro diverrà prevalente nell’iconografia mariana, la presenza di tale elemento anche in quella josefina ha la sua ragion d’essere.          

 

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