Cosa sappiamo dell’infanzia di San Giuseppe? Non molto. Tuttavia, ora cercheremo di mettere ordine fra i pochi dati in nostro possesso.
Partiamo da un interrogativo sorto più volte dalla devota curiosità dei fedeli: come si chiamavano i genitori del falegname galileo? Le Scritture conservano i nomi dei genitori del Battista, Elisabetta e Zaccaria. Dalla letteratura apocrifa ci provengono invece i nomi di quelli della Vergine, Anna e Gioacchino. Entrambe queste coppie godono di un culto remotissimo nelle Chiese cristiane. Per quanto riguarda Giuseppe però non esiste una tradizione così consolidata. Dopo tutto, nessun calendario ha mai registrato i nomi dei suoi genitori. Ciononostante, ricercando bene, è possibile scoprire qualcosa. La genealogia di Cristo contenuta nel Vangelo di Luca ritiene Giuseppe “figlio di Eli” mentre il passo parallelo che inaugura il Vangelo di Matteo lo dice “figlio di Giacobbe”. Come spiegare tale divergenza sul nome del nonno paterno di Gesù? La cosa, in verità, non deve impressionare più di tanto perché nell’antico Oriente le genealogie, più che dei documenti anagrafici perfetti o dei testi giuridici, erano spesso semplici schemi destinati ad esaltare le origini di un particolare clan (nel caso di Cristo, la sua appartenenza alla famiglia del re Davide). Ad ogni modo, San Giovanni Damasceno (676-749), nel De fide orthodoxa, offre la soluzione. Giuseppe sarebbe stato figlio di levirato cioè di quell’usanza, tipicamente ebraica, che prevedeva, nell’eventualità in cui un uomo fosse morto senza eredi, l’unione in seconde nozze della moglie col fratello del defunto. Stando al Damasceno dunque, Eli sarebbe morto senza discendenti e la sua vedova fu destinata sposa al proprio fratello, Giacobbe. San Giuseppe allora, dal punto di vista puramente legale, era figlio del primo anche se, in realtà, venne generato dal secondo. Ma qual era il nome della donna? Nessuna fonte antica ce lo ha trasmesso però, secondo le pagine della mistica benedettina Maria Cecilia Baij (1694-1766), la madre del nostro santo si chiamava Rachele ed era originaria di Betlemme (mentre il marito viene detto nativo di Nazareth). Certo, gli scritti delle mistiche non devono essere considerati sullo stesso piano della Sacra Rivelazione cui, in ogni caso, nulla aggiungono di essenziale a credersi per la salvezza. Nondimeno tali opere possono essere lette dai fedeli per il loro contenuto edificante e, nel caso di autrici dalla santità limpida e riconosciuta, accettate comunque come autorevoli. In conclusione, mettendo insieme i pochi elementi passati in rassegna, è possibile ipotizzare che i genitori del santo carpentiere si chiamassero Giacobbe e Rachele, proprio come quelli - ciò è molto significativo - del Giuseppe veterotestamentario che, del nostro patrono, è figura.
Vi è poi un altro argomento da considerare. La josefologia ha molto riflettuto sul tema dei privilegi del padre putativo di Cristo esemplandone i contenuti sull’analoga corrente mariologica dei privilegi della Vergine. Nelle scorse puntate si è accennato, ad esempio, all’ipotesi dell’assunzione del patriarca al cielo in corpo ed anima, fermamente creduta da diversi dottori ecclesiastici. Un secondo leitmotiv è quello della presantificazione. Giuseppe cioè, essendo eletto da Dio per una missione davvero unica fra il genere umano, sarebbe stato liberato dal peccato originale (e dai suoi effetti) fin dal grembo materno, pur senza ricevere il sacramento del battesimo. Anche in questo caso, si tratta di una pura ipotesi teologica mai ufficialmente definita ma sostenuta (tra l’altro, soltanto in ambito cattolico) da personalità eccelse, come la venerabile Maria di Agreda (1602-1665) che fissava la presantificazione di Giuseppe al settimo mese dal suo concepimento. Senza dubbio, tale teoria si sviluppò come una sorta di parallelo del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, proclamato da Pio IX (1792-1878) solo nel 1854 con la bolla Ineffabilis ma dalle radici molto più remote.