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Pare che “Giuseppe” (con le sue numerose varianti, anche femminili) sia il nome ancora oggi più diffuso fra gli italiani.

 

 

 

Ciò è molto significativo, considerando soprattutto quanto poco spazio la società odierna riservi ormai alla fede ed alla cultura religiosa. Ad ogni modo, c’è da tener presente un fatto notevole. Il cristianesimo ha ereditato dall’ebraismo tutta l’importanza conferita ai nomi. Secondo la nostra religione infatti il nome è molto più che una parola da scrivere sulla carta d’identità. Esso compendia l’essenza stessa di una persona, ne esprime l’anima, addirittura ne illustra la vocazione di vita. Per questo motivo, il conferimento del nome, durante la liturgia del battesimo, acquista un tono di particolare solennità. E, per i cristiani, “Giuseppe” è un nome caro, amato, venerabile. Chi lo porta ha da sentirsi onorato di averlo ricevuto. Si tratta di un nome così centrale nella storia della salvezza e sceso così nel profondo della devozione cattolica che, senza dubbio, trasmette grandi benedizioni. Basti pensare che menti luminose, come Sant’Alfonso de’ Liguori (1696-1787) o il Beato Bartolo Longo (1841-1926), hanno scritto intense pagine di lode su questo nome e sul santo orgoglio che dovrebbe animare chi lo ha ricevuto dai genitori o chi lo impone ad un proprio figlio.

“Giuseppe” è un nome squisitamente ebraico. Il suo significato compendia espressioni bene auguranti come “Dio gli aggiunga” o “Che egli raduni!”. Diversi personaggi biblici portano tale nome. Uno dei più noti è ovviamente il protagonista dei capitoli finali della Genesi, Giuseppe l’Egiziano, la cui vicenda ha ispirato il monumentale romanzo Giuseppe e i suoi fratelli dello scrittore tedesco Thomas Mann (1875-1955). Vi è poi Giuseppe l’Arimateo, il proselito segreto di Gesù che, dopo la crocifissione, calerà il corpo del suo maestro dalla croce per deporlo nel proprio sepolcro. Un Giuseppe compare anche negli Atti degli Apostoli: è Giuseppe Bar-Sabba, candidato alla sostituzione di Giuda e probabilmente membro dei Settantadue Discepoli. Fuori dei testi sacri una figura rilevante è lo storiografo giudeo-romano Giuseppe Flavio (†97) che, nella Guerra Giudaica, racconterà la tragedia di Gerusalemme distrutta dagli eserciti di Tito di cui fu testimone diretto. Tuttavia, aldilà di questi personaggi, il nome “Giuseppe”, per i fedeli, non può che essere quello del padre putativo di Cristo. Quanto è grande il nostro patrono? Innumerevoli sono gli altari, le chiese, i santuari, le iconografie a lui dedicate. Quanti sono coloro che lo amano? Solo consultando l’Annuario Pontificio ci si accorge dell’esistenza di ben sessanta famiglie religiose femminili che lo venerano come patrono e di almeno sette congregazioni maschili a lui consacrate, dai Giuseppini di Gand in Belgio a quelli di Asti, dai missionari di Mill Hill in Inghilterra, ai Giosefiti di Baltimora negli Stati Uniti sino ai Bayozefiti rwandesi. Quante sono state poi le opere composte per esaltarlo? Anche noi, per quanto era possibile in circostanze così difficili, abbiamo provato a scrivere qualcosa di lui, a dipingere qualche linea di una sua icona. Ma resta la sentenza di Efrem il Siro (†373) secondo cui «nessuno può degnamente lodare Giuseppe».

Siamo dunque consapevoli di aver raccontato ben poco di ciò che si poteva narrare. Ci rimane allora il suo splendido nome, in eterno unito a quello della Vergine sua sposa e a quello, potentissimo, di Gesù… Il nome che fa piegare ogni ginocchio. L’unico nome in cui c’è salvezza. Il nome al di sopra del quale non vi è altro nome…     

 

preghiera a san giuseppe              

 

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