Pubblichiamo il testo integrale della prolusione tenuta dall’arcivescovo di Lecce in apertura dei lavori del convegno di studi organizzato nell’anno del Giubileo Oronziano dal titolo "Sant'Oronzo: storia, letteratura, arte". Il convegno organizzato dall’arcidiocesi in collaborazione con l’Università del Salento, l'Istituto superiore metropolitano di scienze religiose "Don Tonino Bello" e la Società di storia patria, prosegue nella giornata di oggi con le ultime due sessioni.
«Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri padri nelle loro generazioni» (Sir 44,1). Con queste parole del Siracide la Chiesa di Lecce rende onore ai suoi santi patroni nella liturgia del 26 agosto. Eppure, stendere quell’elogio non è faccenda tanto semplice. Sebbene infatti il nome di Oronzo sia sceso sin nelle profondità dell’anima del popolo pugliese, la "questione oronziana" è ancora ben lungi dall’essere conclusa. Ciò che si nota con piacere è tuttavia come, dopo decenni di stasi, essa abbia finalmente ripreso quota negli ultimi tempi. Infatti, il culto verso la figura indicata dalla tradizione come il primo vescovo appulo sembra rifiorire. È un movimento di rinascita cui guardare con particolare speranza perché, partendo dal rinnovato interesse sorto attorno al santo, può condurre ad una più generale e profonda riscoperta delle radici cristiane della nostra terra e della nostra gente. Un movimento che, sorto con l'intenso lavoro svolto nelle realtà ecclesiali e culturali di Ostuni e Botrugno e soprattutto con il Giubileo Oronziano Turese del 2018 - cui ho avuto anche la gioia di partecipare - si è poi diffuso a livello regionale, grazie alla lodevole opera di molti appassionati e devoti. Ciò che desta un gradevole stupore è vedere come la "questione oronziana", da diatriba confinata in ristretti circoli accademici, venga ormai percepita come argomento di popolo. Un tema che ogni semplice fedele, qualora lo desideri, ha diritto di conoscere ed al quale avere accesso.
Certo, l’agiografia è materia suggestiva ma anche complessa, scivolosa: merita di essere accostata con delicatezza e rispetto, poiché essa si interseca perennemente con molti altri ambiti come la storia ecclesiastica, l’iconografia, l’antropologia, addirittura la sociologia o la psicologia. Se però resta valido quanto insegnava Ovidio e cioè che «il lavoro di chi rievoca la storia della patria è sacro», si può esser certi che anche l’impegno profuso nel presente convegno sarà benedetto! Perché il trattare di Sant’Oronzo implica la narrazione della memoria collettiva del nostro popolo, significa, insomma, amore grande e sincero per il nostro territorio e la nostra identità cristiana! Anzi di più: vuol dire riscoprire quei legami spirituali che ci uniscono al santo e che fanno di lui il nostro patriarca, il primo padre nella fede, la vera colonna della Chiesa locale, il Pater Apuliae. Uno di famiglia, insomma.
Posta in tale ottica, la riflessione sul santo è qualcosa di molto più ampio della pur fondamentale ricerca della verità storica intorno alla sua figura. Perché, in fondo, conoscere Sant’Oronzo significa conoscere noi stessi. Esplorare le vicende connesse al suo culto, al diffondersi della sua agiografia, alla produzione iconografica a lui dedicata, equivale a compiere un affascinante viaggio nella nostra stessa anima e nell’anima della nostra terra. Dopo tutto, il nome di questo martire è impresso a lettere cristalline nel Dna culturale di ogni pugliese. Chi potrebbe trovare le parole per descrivere il rapporto intensissimo che ha sempre stretto il santo alle comunità che si riconoscono sue figlie? Per secoli, nelle contrade pugliesi, i bambini sono stati battezzati col suo nome, gli sposi hanno celebrato il proprio matrimonio ai piedi dei suoi altari, i malati sono stati unti con l’olio delle lucerne a lui consacrate, i sacerdoti lo hanno invocato nelle circostanze più difficili e benedetto nelle ricorrenze più gioiose. La sua immagine era presente nelle case, adorna di fiori freschi e vi si accendevano candele. Quella medesima immagine ha accompagnato oltreoceano i nostri emigranti e nelle trincee delle guerre i nostri soldati. È un meraviglioso, legame di sangue il vincolo che ci unisce al patrono e che lo pone al vertice dell’albero genealogico spirituale da cui trae linfa il nostro credere. E sono questi sentimenti che ci hanno accompagnato nelle celebrazioni del Giubileo Oronziano Leccese.
Ascoltando dunque i preziosi contributi degli studiosi qui presenti ci accorgeremo davvero come, nel susseguirsi delle epoche, l'icona del santo abbia di fatto accompagnato il cammino percorso dalle genti di questa terra. Desidero esprimere quindi, sin da ora, la mia gratitudine a tutti i relatori del convegno ed in particolar modo all'equipe organizzatrice, che ha visto collaborare i nostri don Michele Giannone e don Antonio Bergamo con i professori Mario Spedicato, Paolo Agostino Vetrugno ed Alessandro Laporta. Un sentito ringraziamento, di vero cuore, rivolgo più in generale al Dipartimento di beni culturali dell'Università del Salento, all'Istituto superiore metropolitano di scienze religiose "don Tonino Bello" ed alla Società di storia patria per aver realizzato un evento di così vasta portata.
Sono convinto che le odierne giornate di lavoro schiuderanno nuove prospettive di ricerca, di analisi e di approfondimento, stimolando in tutti la volontà di costruire una sempre maggiore sinergia tra le varie realtà, piccole e grandi, pugliesi e non solo, in cui il martire è conosciuto, venerato ed amato. Si tratta di un cammino di comunione che, in larga parte, attende ancora di essere costruito ma al quale non possiamo sottrarci. Non una semplice sfida culturale ma piuttosto un’offerta di testimonianza, un riconoscersi reciprocamente come figli di colui che, bagnando questa terra con il proprio sangue per la fede in Cristo, ci ha offerto un luminoso esempio di amore eroico. Personaggio quanto mai attuale in un’evenienza storica in cui tutto sembra mirare all’oblio della nostra identità più autentica. Dio benedica il nostro lavoro. Grazie!
Photogallery di Arturo Caprioli